7 luglio 2018 - 13:43

Medio Oriente, il Papa: «Non scordare la lezione di Hiroshima. Si rispetti lo status quo di Gerusalemme»

Storico abbraccio del Papa, con i patriarchi delle Chiese d’Oriente, da Bergoglio anche l’appello a rispettare lo status quo Gerusalemme

di Gian Guido Vecchi, inviato a Bari

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«Non le tregue garantite da muri e prove di forza porteranno la pace, ma la volontà reale di ascolto e dialogo… Non si dimentichi il secolo scorso, non si scordino le lezioni di Hiroshima e Nagasaki, non si trasformino le terre d’Oriente, dove è sorto il Verbo della pace, in buie distese di silenzio». La morte della speranza, il Getsemani della storia, «l’umanità ascolti, vi prego, il grido dei bambini». Quando Francesco esce dalla basilica di San Nicola e dall’incontro di due ore e mezzo con i patriarchi delle Chiese d’Oriente, prima che vengano liberate le colombe della pace, ha il volto assorto. Di rado ha usato parole così nette e dure. Dagli interessi e le «gravissime responsabilità» delle potenze in Siria alla necessità di rispettare lo status quo di Gerusalemme, la riflessione del Papa abbraccia l’intero «Medio Oriente in agonia» e fa sintesi del suo pensiero come mai prima: «È essenziale che chi detiene il potere si ponga finalmente e decisamente al vero servizio della pace e non dei propri interessi. Basta ai tornaconti di pochi sulla pelle di molti! Basta alle occupazioni di terre che lacerano i popoli! Basta al prevalere delle verità di parte sulle speranze della gente! Basta usare il Medio Oriente per profitti estranei al Medio Oriente!».

Le potenze in Siria

La guerra non dà tregua in tutta la regione, e come sempre «ne è vittima soprattutto la povera gente», considera Francesco: «Pensiamo alla martoriata Siria. La guerra è figlia del potere e della povertà. Si sconfigge rinunciando alle logiche di supremazia e sradicando la miseria. Tanti conflitti sono stati fomentati anche da forme di fondamentalismo e di fanatismo che, travestite di pretesti religiosi, hanno in realtà bestemmiato il nome di Dio, che è pace, e perseguitato il fratello che da sempre vive accanto. Ma la violenza è sempre alimentata dalle armi. Non si può alzare la voce per parlare di pace mentre di nascosto si perseguono sfrenate corse al riarmo. È una gravissima responsabilità, che pesa sulla coscienza delle nazioni, in particolare di quelle più potenti». Il grido di Francesco si leva come mai prima: «Basta contrapposizioni ostinate, basta alla sete di guadagno che non guarda in faccia a nessuno pur di accaparrare giacimenti di gas e combustibili, senza ritegno per la casa comune e senza scrupoli sul fatto che il mercato dell’energia detti la legge della convivenza tra i popoli!».

Gerusalemme

Per aprire sentieri di pace, prosegue, «si volga lo sguardo a chi supplica di convivere fraternamente con gli altri; si tutelino tutte le presenze, non solo quelle maggioritarie; si spalanchi anche in Medio Oriente la strada verso il diritto alla comune cittadinanza, strada per un rinnovato avvenire». Il Papa lo dice chiaro: «Anche i cristiani sono e siano cittadini a pieno titolo, con uguali diritti». Il luogo chiave della sofferenza in Medio Oriente è Gerusalemme, tutte le comunità cristiane guardano con preoccupazione alle vicende della Città Santa, specie dopo le tensioni seguite alla decisone di Trump di riconoscerla come capitale di Israele: «Fortemente angosciati, ma mai privi di speranza, volgiamo lo sguardo a Gerusalemme, città per tutti i popoli, città unica e sacra per cristiani, ebrei e musulmani di tutto il mondo, la cui identità e vocazione va preservata al di là delle varie dispute e tensioni, e il cui status quo esige di essere rispettato secondo quanto deliberato dalla Comunità internazionale e ripetutamente chiesto dalle comunità cristiane di Terra Santa», scandisce. La posizione della Santa Sede, del resto, è nota: «Solo una soluzione negoziata tra israeliani e palestinesi, fermamente voluta e favorita dalla Comunità delle nazioni, potrà condurre a una pace stabile e duratura, e garantire la coesistenza di due Stati per due popoli».

Il dolore dei bambini

Del resto, il Vangelo «ha conquistato il cuore dell’uomo lungo i secoli perché legata non ai poteri del mondo, ma alla forza inerme della croce». Francesco ringrazia i patriarchi per l’incontro storico di Bari: « È stato un segno che l’incontro e l’unità vanno cercati sempre, senza paura delle diversità. Così pure la pace: va coltivata anche nei terreni aridi delle contrapposizioni, perché oggi, malgrado tutto, non c’è alternativa possibile alla pace. Sentiamo di doverci convertire ancora una volta al Vangelo, garanzia di autentica libertà, e di farlo con urgenza ora, nella notte del Medio Oriente in agonia. Come nella notte angosciosa del Getsemani, non saranno la fuga o la spada ad anticipare l’alba radiosa di Pasqua, ma il dono di sé a imitazione del Signore». La speranza, dice, ha il volto dei bambini. Ma «in Medio Oriente, da anni, un numero spaventoso di piccoli piange morti violente in famiglia e vede insidiata la terra natia, spesso con l’unica prospettiva di dover fuggire». Ecco: «Questa è la morte della speranza. Gli occhi di troppi fanciulli hanno passato la maggior parte della vita a vedere macerie anziché scuole, a sentire il boato sordo di bombe anziché il chiasso festoso di giochi». Bisogna ascoltare il grido dei bambini: «È asciugando le loro lacrime che il mondo ritroverà la dignità». Le ultime parole di Francesco suonano come una preghiera: «Il Medio Oriente non sia più un arco di guerra teso tra i continenti, ma un’arca di pace accogliente per i popoli e le fedi. Amato Medio Oriente, si diradino da te le tenebre della guerra, del potere, della violenza, dei fanatismi, dei guadagni iniqui, dello sfruttamento, della povertà, della disuguaglianza e del mancato riconoscimento dei diritti. “Su te sia pace”, in te giustizia, sopra di te si posi la benedizione di Dio». Prima del dialogo privato con i patriarchi, tutti seduti a un tavolo rotondo nella basilica di San Nicola, Francesco ha guidato il momento di preghiera pubblico sul litorale.

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