2 maggio 2018 - 15:24

Stato Sociale, il “governo” di Lodo Guenzi: «Non capisco Di Maio, mai con Salvini. E Renzi vada dove vuole»

Il protagonista del Concertone parla a tutto tondo di politica, fa intendere di aver votato Potere al Popolo, e spiega perché non sarà mai con la Lega o coi Cinque Stelle ( ma nemmeno con il Pd). «L’attacco alla Casellati? Solo per il cognome lungo»

di Matteo Cruccu

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«L’attacco alla Casellati? Solo perché aveva un cognome lungo»: parrebbe un’altra boutade, quella di Lodo Guenzi e degli Stato Sociale al Concertone del Primo Maggio, ritornato, anche grazie a loro, al centro dell’interesse generale, dopo anni di torpore. La band bolognese che tutti abbiamo conosciuto all’ultimo Sanremo, con le ballerine e le vite in vacanza, continua dunque a far parlare di sé: ma il suo portavoce-cantante, Lodovico “Lodo” Guenzi, è tutt’altro che un giocherellone fine a se stesso. Classe 1986, un anno più di Di Maio, a Roma si è sdoppiato nel ruolo musicista-conduttore ed ha subito picchiato duro adattando la ormai celebre mi “Sono rotto il C” con quella sparata contro la presidente del Senato, il governo che non si riesce a fare e la fobie contro gli immigrati.

Nessuna censura innanzitutto. «Ce lo hanno anzi chiesto gli autori del Concertone di adattare la canzone al presente, questo è uno spazio di libertà che ci siamo conquistati». E l’obiettivo principe della band non era la Casellati «Volevamo però esprimere il nostro disagio per la situazione generale, determinata anche da una legge elettorale che non consente un vincitore».

Sì, insomma la politica torna su un palco dopo tanti anni, questa è la novità: «Eravamo stufi di raccontare la nostra cameretta e le nostre storie d’amore e volevamo sforzarci di interpretare e il presente, la realtà e di veicolare messaggi. Senza però la retorica del passato o l’uso di categorie che non esistono più, gli operai e i padroni per intenderci».

Un messaggio di sinistra: Lodo non dice per chi ha votato, «Ma non è rappresentato in Parlamento» e chiedendogli se inizi per P e finisca per O (Potere al Popolo, insomma), non nega. «Vogliamo ripartire da noi stessi, dal recupero delle risorse del territorio, siamo stufi di una vita decisa dai dogmi della Banca Europea». Un’antipatia però coltivata anche da Salvini e la Lega: «Impossibile per noi andare d’accordo con chi è xenofobo, contro il principio d’accoglienza, principio base della civiltà. Credo che Salvini sia molto abile a interpretare le paure, ma sono convinto che anche lui sa che non si può sparare ai barconi per fermare i migranti».

Nemmeno lo convince il quasi coetaneo Di Maio: «Anche lui deve essere molto abile per arrivare dov’è arrivato, ma non riesco a capire un partito che un giorno è in Val Di Susa e l’altro ha certe posizioni sull’immigrazione». E il Pd, partito padrone un tempo della loro Bologna?: «Nella nostra città è il partito degli sgomberi e quando abbiamo suonato per un referendum consultivo sull’abolizione dei sussidi alle scuole private, il Pd era contro. Renzi è libero di seguire le sue politiche neoliberiste, non si chiami più di sinistra però». Insomma idee chiarissime.

L’8 giugno torneranno a suonare, al Carroponte di Sesto San Giovanni, luogo simbolo della fu Stalingrado d’Italia: qualcuno all’antica però potrebbe storcere il naso per la loro sortita a Sanremo, un tempo osteggiato dal cantautorato militante: «Noi invece pensiamo che ci si debba andare, la nostra canzone era a più livelli: al primo puoi decidere solo di divertirti che non è mai sbagliato. Ma se pensi al secondo o al terzo, ti accorgi che parliamo di precarietà, dei rider e di chi non ha futuro. Forse è meglio che rimanere chiusi in cameretta».

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