23 febbraio 2019 - 17:41

Piacenza, Salvini in carcere da Peveri, che sparò a un ladro (ma non per legittima difesa): «Chiederò la grazia»

L’imprenditore condannato dalla Cassazione a 4 anni e mezzo: catturò e immobilizzò un intruso nel suo cantiere poi gli sparò. Attorno a lui la solidarietà di sindaci, forze politiche e dei social. Ma l’Anm: «Salvini delegittima la magistratura»

di Claudio Del Frate

Piacenza, Salvini in carcere da Peveri, che sparò a un ladro (ma non per legittima difesa): «Chiederò la grazia»
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Dalla sua parte l’imprenditore di Piacenza Angelo Peveri ha visto schierarsi sindaci, sindacati delle forze dell’ordine, centinaia di persone sui social e ora anche il ministro degli interni Matteo Salvini; contro Peveri però c’è una sentenza della Cassazione che lo ha condannato a quattro anni e mezzo per avere sparato a un ladro entrato in un suo cantiere, sentenza che ha escluso sussistesse la legittima difesa. Salvini sabato pomeriggio si è recato nel carcere di Piacenza, dove da quattro giorni si trova Peveri, dopo che la condanna a suo carico è diventata definitiva. La visita e la solidarietà del vicepremier è destinata a suscitare polemiche proprio perché la vicenda che vede protagonista l’imprenditore piacentino è considerata molto «border line».

Spari da distanza ravvicinata

Il 5 ottobre del 2011 alcuni ladri entrarono in un cantiere sul fiume Tidone dove l’impresa di Peveri stava eseguendo alcuni lavori: scatta il dispositivo di allarme che fa accorrere sul posto il titolare della ditta e un suo operaio romeno, George Botezatu. Peveri è armato di un fucile a pompa, spara tre colpi (in aria, sosterrà lui durante l’indagine) ma ferisce uno dei ladri in fuga a un braccio. Poco dopo sempre uno di loro torna nell’area del cantiere per recuperare la sua auto ma viene bloccato dall’imprenditore e dall’operaio. Le indagini della procura di Piacenza hanno stabilito che l’intruso fu immobilizzato, costretto a inginocchiarsi ed ebbe la testa sbattuta contro i sassi. Peveri a quel punto avrebbe esploso un colpo di fucile da distanza ravvicinata, poco più di un metro. Il ferito patteggerà una pena a 10 mesi per tentato furto di gasolio. Peveri e il suo dipendente verranno invece condannati per tentato omicidio a 4 anni e mezzo.

La procura: «Non fu legittima difesa»

Pochi giorni fa la Cassazione ha reso definitiva la pena, respingendo anche la tesi della procura generale, secondo la quale la sentenza andava annullata e il processo ripetuto. Dal momento in cui per Angelo Peveri è divenuta concreta la prospettiva di finire in carcere è partita nei suoi confronti una gara di solidarietà con in testa la Lega Nord di Piacenza e incanalata da pagine facebook aperte a suo sostegno. Pochi giorni fa anche il procuratore capo di Piacenza, Salvatore Cappelleri è intervenuto per ribadire che la legitima difesa nel «caso Peveri» non c’entra nulla e che la ricostruzione avvalorata dalla sentenza dovrebbe essere accettata da chi ricopre incarichi istituzionali.

La solidarietà del ministro

Parole che non hanno fermato Matteo Salvini che subito dopo la sentenza della Cassazione si era schierato dalla parte dell’imprenditore, telefonandogli personalmente. Ora ha voluto manifestare apertamente la sua solidarietà varcando poco prima delle 17 il cancello del carcere di Piacenza per incontrare Peveri e il suo dipendente che nel frattempo sono finiti agli arresti. «Cercheremo di fare di tutto perché stia in galera il meno possibile, dal mio punto di vista non doveva nemmeno entrarci» ha detto il ministro dell’Interno al termine della sua visita alla Casa Circondariale. Il vicepremier si è detto anche pronto a chiedere la grazia.

L’Anm contro Salvini

Come era facile attendersi la mossa di salvini ha inescato anche proteste, prima fra tutte quella dell’Associazione nazionale magistrati: «Le decisioni in merito alle modalità e alla durata di una pena detentiva spettano non al Ministro dell’Interno, che oggi ha fatto visita a un detenuto condannato con sentenza passata in giudicato, ma solo alla magistratura, che emette le sentenze in modo rigoroso e applicando le leggi dello Stato» sottolinea l’Anm rilevando che ogni tentativo di stravolgere le regole «delegittima il sistema giudiziario». «Ogni tentativo di stravolgere queste regole - prosegue il comunicato della Giunta dell’Anm - rende un cattivo servizio e veicola una messaggio sbagliato ai cittadini, viola le prerogative della magistratura, delegittima il sistema giudiziario ed è contrario allo Stato di diritto e ai principi costituzionali, al cui rispetto dovrebbero concorrere tutti, specialmente chi ricopre importanti incarichi di Governo».

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