2 gennaio 2019 - 12:25

Orlando sfida Salvini: «Sui migranti a Palermo non applico il decreto sicurezza»

Il primo cittadino ha dato disposizione all’ufficio anagrafe di non applicare la norma che impedisce di concedere la residenza ai richiedenti asilo. Norma che, di fatto, esclude i migranti da una serie di prestazioni sociali e sanitarie

di Claudio Del Frate

Orlando sfida Salvini: «Sui migranti a Palermo non applico il decreto sicurezza»
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Il sindaco di Palermo Leoluca Orlando sfida Matteo Salvini sul decreto sicurezza e ha dato ordine agli uffici comunali di non applicare alcune norme della nuova legge che secondo il primo cittadino sono discriminatorie. Tutto questo in attesa di un chiarimento che con ogni probabilità avverrà nelle aule di un tribunale. L’articolo in particolare su cui è nata la «disobbedienza» di Orlando è quello che impedisce di concedere la residenza ai richiedenti asilo in possesso di un regolare permesso di soggiorno, cosa che di fatto escluderebbe i migranti da tutta una serie di prestazioni sociali. Secca nel pomeriggio la replica di Salvini: «Ne risponderà legalmente»

Il nodo dei servizi sociali

L’alt al decreto Salvini è arrivato attraverso una comunicazione scritta inviata ai responsabili dell’ufficio anagrafe: «Impartisco la disposizione di sospendere, per gli stranieri eventualmente coinvolti dalla controversa applicazione della legge - dice la nota -, qualunque procedura che possa intaccare i diritti fondamentali della persona con particolare, ma non esclusivo, riferimento alle procedure di iscrizione della residenza anagrafica». La norma a cui si fa riferimento è l’articolo 13 del decreto Salvini, secondo il quale il permesso di soggiorno costituisce un documento di riconoscimento ma non dà diritto -a differenza di quanto avvenuto in passato - all’iscrizione all’anagrafe. Nel pratico questo impedisce ad esempio ai minori di frequentare scuole pubbliche o agli adulti di iscriversi al servizio sanitario nazionale.

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I dubbi di costituzionalità

Il decreto sicurezza, che è diventato legge dello Stato il 3 dicembre scorso ha suscitato fin da subito dubbi di costituzionalità (lo stesso capo dello Stato Sergio Mattarella ne aveva chiesto delle correzioni durante la tribolata stesura). Il sindaco del capoluogo siciliano si è più volte schierato contro la legge e lo fa anche in questa circostanza. «Palermo - scrive Orlando - è da sempre luogo di solidarietà e impegno in favore dei diritti umani, in coerenza con posizioni assunte e atti deliberativi adottati da parte di questa amministrazione che considera prioritario il riconoscimento dei diritti umani per tutti coloro che comunque risiedono nella nostra città». Poco dopo è arrivata via Facebook la stringata replica di Salvini: «Con tutti i problemi che ci sono a Palermo, il sindaco sinistro pensa a fare “disobbedienza” sugli immigrati».

Altri pronti a seguirlo

La mossa di Orlando ha fatto uscire allo scoperto i suoi colleghi di altre città. Anche Luigi de Magistris a Napoli, Dario Nardella a Firenze e Giuseppe Falcomatà a Reggio Calabria si dicono pronti a seguirne l’esempio. Anche se nessuno di loro è ancora passato dalle parole ai fatti firmando un ordine come quello partito da palazzo delle Aquile. Tutti sonio però concordi nel dire che il decreto Salvini contiene elementi di incostituzionalità e introduce discriminazioni tra italiani e stranieri.

Anche Torino e Bologna chiedono lo stop

Se Palermo è la prima città a mettere in atto un palese «strappo» alla legge, nei mesi in cui il decreto sicurezza stava prendendo forma altri comuni avevano votato documenti in cui si chiedeva al governo di sospendere l’introduzione delle nuove norme e la loro applicazione. Paradossalmente il primo a votare un ordine del giorno in questo senso era stato il comune di Torino, che è guidato da una maggioranza pentastellata: in quel caso lo stop al decreto sicurezza era stato richiesto dal M5S e dal Pd. Un ordine del giorno simile a fine ottobre (dunque prima che entrasse in vigore la legge) era stato votato anche dal consiglio comunale di Bologna. Anche Federico Pizzarotti, sindaco di Parma ed ex grillino è critico sui contenuti del decreto ma è perplesso sulla possibilità dei municipi di «disapplicarla».

Quando Salvini incitava alla disobbedienza

Alle 17.30 con una diretta Facebook Salvini ha replicato a Orlando e agli altri sindaci dissidenti: « Ricordo a questi sindaci di sinistra che il Decreto Sicurezza, una legge di buon senso e civiltà, è stato approvato da Governo e Parlamento, e firmato dal Presidente della Repubblica. Prima dobbiamo pensare ai milioni di Italiani poveri e disoccupati, difendendoli dai troppi reati commessi da immigrati clandestini, poi salveremo anche il resto del mondo. Orlando vuole disobbedire? Non manderò l’esercito, ma ne risponderà legalmente». Una curiosità: fu l’attuale ministro dell’interno a chiamare tutti i sindaci d’Italia alla «disobbedienza civile». Accadeva nel 2016, quando il governo guidato da Matteo Renzi approvò la legge sulle unioni civili. L’allora leader del Carroccio all’opposizione invitò tutti i primi cittadini leghisti e di centrodestra a opporsi ai «matrimoni gay». In pochi per la verità lo seguirono, alcuni sindaci se la cavarono facendo celebrare le unioni a ufficiali dell’anagrafe.

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