20 gennaio 2019 - 15:03

Migranti, Conte chiama Tripoli. E un cargo riporta i 100 migranti in Libia

Un altro barcone in pericolo. Poi l’arrivo di una nave della Sierra Leone Il Papa: dolore per le 170 vittime, prego per loro e per chi è responsabile

di Fabrizio Caccia

Migranti, Conte chiama Tripoli. E un cargo riporta i 100 migranti in Libia Una foto del 29 dicembre scorso (Epa)
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ROMA — Il cargo «Lady Sharm» è arrivato giusto in tempo, alle dieci di sera, quando i 100 profughi sul barcone alla deriva al largo di Misurata temevano ormai di essere spacciati. Ma Giuseppe Conte, per tutto il giorno da Palazzo Chigi, ha premuto perché Tripoli intervenisse. Prima i libici hanno risposto di non avere motovedette. Il premier, attraverso l’intelligence, ha continuato ad insistere. Infine ha convinto le autorità di Tripoli — che avevano già salvato altri 150 migranti su due gommoni — a inviare in zona il mercantile battente bandiera della Sierra Leone, la «Lady Sharm», per iniziare le operazioni di trasbordo. «I naufraghi andranno a Tripoli», il tweet a tarda sera del ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli. Esattamente dove chiedono di non andare per il terrore di essere chiusi nei centri di detenzione.

La mossa di Sea Watch

La tragedia è stata evitata, dopo i due naufragi e i 170 morti complessivi con cui si è aperto il 2019. L’Sos era stato lanciato ieri mattina alle 10. La nave della Ong tedesca Sea Watch, coi «suoi» 47 migranti a bordo già soccorsi due giorni fa al largo di Tripoli, era in attesa di un segnale dall’Ue per avere un porto dove attraccare. Poi, però, è arrivato quell’Sos disperato: «Presto, veniteci a salvare». Era il grido d’aiuto proveniente dall’imbarcazione a 60 miglia dalle coste di Misurata. La voce al telefono descriveva scene terribili: un bimbo sul ponte apparentemente morto, diversi migranti in stato d’ipotermia. E poiché dalla capitaneria di Tripoli sembrava proprio che non si muovesse nessuno, Sea Watch era partita senza indugi: «Andiamo noi, ormai nel Mediterraneo siamo rimasti da soli». Un viaggio di 15 ore verso quelle 100 nuove vite da salvare. Intanto, però, c’erano state le parole del Papa all’Angelus dedicate alle ultime due stragi nel Mediterraneo: «Penso alle 170 vittime, cercavano un futuro, vittime forse di trafficanti di esseri umani. Preghiamo per loro e per chi ha responsabilità di quello che è successo». Su «quelli che hanno la responsabilità» indagano ora la Procura militare di Roma e quella ordinaria di Agrigento. La competenza dei soccorsi, per il naufragio al largo di Garabulli che ha fatto 117 morti, era libica, ma dopo molte ore è intervenuto un elicottero della Marina per i tre sopravvissuti.

«In galera gli scafisti»

Per i nuovi 100 in pericolo ieri si era levato l’appello di Save the Children: «Scongiurate un’altra tragedia». Il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, non ha cambiato idea: «Bisogna mettere in galera gli scafisti. Devono avere la certezza che i porti italiani sono chiusi: è l’unico modo per salvare vite umane. L’anno scorso di migranti ne sono arrivati di meno e ne sono morti di meno».

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