24 gennaio 2019 - 10:02

Farmaci contraffatti e riciclaggio,
le farmacie diventano «lavanderie» della criminalità organizzata

Una vasta operazione condotta in 10 province italiane ha portato a 11 provvedimenti di custodia cautelare e a 30 perquisizioni. La ‘ndrangheta ha da tempo infiltrato il settore

di Ferruccio Pinotti

Una farmacia milanese in passato coinvolta da infiltrazioni mafiose Una farmacia milanese in passato coinvolta da infiltrazioni mafiose
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Contraffazione di farmaci, ricettazione, riclaggio e autoriciclaggio: 11 provvedimenti di custodia cautelare e 30 perquisizioni hanno riguardato 10 province italiane, in particolare le città di Milano, Brescia, Bologna, Napoli, Piacenza, Reggio Emilia, Roma, Firenze, Taranto e Novara. L’operazione «Partenope» delle forze dell’ordine e della magistratura getta luce sul tema delle infiltrazioni malavitose nel mondo delle farmacie, primo presidio sanitario per il cittadino ma anche attraenti «lavanderie» di denaro sporco per le mafie in cerca di attività lecite in cui investire i proventi delle criminalità organizzata.

Il blitz dei Nas di Milano

Tutto è partito da un blitz dei carabinieri del Nas di Milano che stanno eseguendo 11 misure cautelari detentive, 30 perquisizioni e il sequestro preventivo di una società che gestisce un deposito farmaceutico e una farmaciia; ma le forze dell’ordine hanno eseguito indagini e controlli anche nelle province di Brescia, Bologna, Napoli, Piacenza, Reggio Emilia, Roma, Firenze, Taranto e Novara. I provvedimenti sono stati emessi dal Tribunale di Milano nei confronti di persone ritenute responsabili a vario titolo di: associazione per delinquere finalizzata al furto di farmaci, truffa ai danni di privati ed Enti pubblici, ricettazione, falsificazione, riciclaggio di specialità medicinali e autoriciclaggio. Secondo quanto emerso dalle indagini, il gruppo si era specializzato nella contraffazione di farmaci applicando un falso bollino alle confezioni di medicinali. I provvedimenti hanno riguardato 10 province italiane, in particolare le città di Milano, Brescia, Bologna, Napoli, Piacenza, Reggio Emilia, Roma, Firenze, Taranto e Novara. Ulteriori dettagli saranno forniti nel corso della conferenza stampa che si terrà alle 12 nella sala stampa del comando provinciale di Milano in via della Moscova

L’allarme della Dda

Già tre anni fa il capo della Direzione distrettuale antimafia, Ilda Boccassini c lanciò l’allarme: «La ’ndrangheta punta al mercato farmaceutico. Le colpe dei padri non ricadano sui figli, ma ci ha stupito constatare come diversi giovani appartenenti alle famiglie mafiose scelgano di laurearsi in Farmacia». Era il marzo 2016 e il procuratore aggiunto commentava l’operazione che aveva portato all’arresto di Giuseppe Strangio, 57 anni, ex direttore delle Poste di Siderno, accusato di aver riciclato i soldi della droga del potentissimo clan Romeo di San Luca con l’acquisto della farmacia di piazza Caiazzo a Milano. A far da tramite fu il dottor Giammassimo Giampaolo (non arrestato), imparentato con il boss della droga Giuseppe Calabrò, detto u dutturicchiu, ma soprattutto con il capostipite della cosca più importante di San Luca, il defunto boss Sebastiano Romeo, detto ’u staccu. Nelle carte di quell’inchiesta venne svelata una rete di relazioni che portava a un’altra farmacia, non coinvolta nell’indagine, la “Primo Maggio” di Corbetta vicino a Magenta. Ma sotto la lente degli investigatori era finita anche la farmacia Europa nell’omonima piazza a Corsico, acquistata dai fratelli Rosario e Francesco Perre, anche loro imparentati con i Romeo di San Luca. La farmacia di Corbetta era già finita nelle carte dell’indagine Grillo parlante che nel 2012 aveva portato in cella l’assessore regionale Zambetti.

Leggi che hanno favorito i capitali mafiosi

Gia da tempo Federfarma ha denunciato che con il decreto sulla liberalizzazione delle farmacie il rischio delle infiltrazioni mafiose è molto aumentato. Federfarma segnala che «questo pericolo è stato denunciato dalla stessa Corte di Giustizia Europea in una sentenza del 2009 che ha riconosciuto come affidare la proprietà della farmacia a non farmacisti comporterebbe una riduzione dell’indipendenza professionale». Prima della «liberalizzazione», infatti, ad avere la proprietà della farmacia poteva essere solo il farmacista titolare, iscritto all’Ordine professionale ed esercente in prima persona l’attività, ovviamente coadiuvato da collaboratori. Secondo la Corte Ue, osservano ora i farmacisti, «i produttori e i commercianti all’ingrosso di prodotti farmaceutici potrebbero pregiudicare l’indipendenza dei farmacisti stipendiati dalle società proprietarie, incitandoli a smerciare medicinali il cui stoccaggio non sia più redditizio o procedere a riduzione di spese di funzionamento che possono incidere sulle modalità di distribuzione al dettaglio di medicinali». Consistente poi il rischio che dietro società proprietarie di più farmacie si celino capitali mafiosi o riciclati. Di qui la necessità di interventi e controlli legislativi più stringenti in materia.

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