7 maggio 2019 - 18:45

Papa Francesco a Skopje: «Prigionieri della virtualità, abbiamo perso il gusto e il sapore della realtà»

Il Santo Padre ha visitato la casa memoriale di Madre Teresa di Calcutta, nativa di Skopje. Bergoglio è il primo papa a visitare la Macedonia del Nord

di Gian Guido Vecchi

Papa Francesco a Skopje: «Prigionieri della virtualità, abbiamo perso il gusto e il sapore della realtà»
shadow

SKOPJE — «La pronta solidarietà offerta a coloro che si trovavano allora nel più acuto bisogno per aver perso tante persone care oltre alla casa, al lavoro e alla patria, vi fa onore e parla dell’anima di questo popolo che, conoscendo anche le privazioni, riconosce nella solidarietà e nella condivisione dei beni le vie di ogni autentico sviluppo». Francesco arriva in Macedonia del Nord, primo Papa a visitare il Paese, e ancora una volta, come in Bulgaria, richiama il senso essenziale del suo viaggio nei Balcani, alla «periferia» dell’Europa: l’invito al Vecchio Continente perché attinga alla sua storia, e alle radici cristiane, e sappia accogliere e integrare i migranti in fuga da miseria e guerre. Di qui l’elogio alla Macedonia del Nord: «Vorrei segnalare il generoso sforzo compiuto dalla vostra Repubblica – sia dalle sue autorità statali sia col valido contributo di diverse organizzazioni internazionali, della Croce Rossa, della Caritas e di alcune Ong – nell’accogliere e prestare soccorso al gran numero di migranti e profughi provenienti da diversi Paesi medio-orientali. Essi fuggivano dalla guerra o da condizioni di estrema povertà, spesso indotte proprio da gravi episodi bellici, e negli anni 2015 e 2016 hanno varcato i vostri confini, diretti in massima parte verso il nord e l’ovest dell’Europa, trovando in voi un valido riparo».

Francesco ha parlato nel Palazzo presidenziale, accolto dal Capo dello Stato uscente, Gjorge Ivanov. Nella notte il ballottaggio delle elezioni presidenziali ha visto la vittoria del candidato europeista di centrosinistra Stevo Pendarovski, che ha prevalso con il 51,7 per cento sulla candidata nazionalista Gordana Siljanovska-Davkova. Il nuovo presidente è deciso ad archiviare le polemiche con la Grecia sul nome del Paese, cui è stato aggiunto «del Nord» dopo l’accordo recente con il governo di Atene. La disputa risaliva al 1991, dopo la dissoluzione della Jugoslavia e l’indipendenza del Paese che si era chiamato «Repubblica di Macedonia», con relative proteste greche per l’uso del nome. Una contesa che aveva finora impedito, per il veto di Atene, che la Macedonia entrasse nella Unione Europea e nella Nato. Le elezioni, tra centrosinistra e nazionalisti, si sono giocate soprattutto su questo tema, con i nazionalisti ostili all’accordo. Lo stesso presidente uscente, Ivanov, nell’incontro col Papa non ha mai parlato di «Macedonia del Nord». Ma il vento ormai è cambiato. Ed ora è significativo che il Papa abbia parlato in favore dell’adesione del Paese all’Unione Europea. Proprio le «speciali caratteristiche del Paese, la sua «composizione multietnica e multireligiosa», sono «di rilevante significato sulla via di una più stretta integrazione con i Paesi europei», ha detto Francesco: «Auspico che tale integrazione si sviluppi positivamente per l’intera regione dei Balcani occidentali».

Nella Macedonia del Nord, ha proseguito Bergoglio, «la differente appartenenza religiosa di ortodossi, musulmani, cattolici, ebrei e protestanti, quanto la distinzione etnica tra macedoni, albanesi, serbi, croati e persone di altra origine, ha creato un mosaico in cui ogni tessera è necessaria all’originalità e bellezza del quadro d’insieme», dice Francesco. In questo sta, fondata sulla storia, la sua idea di Europa: «Questo crogiuolo di culture e di appartenenze etniche e religiose ha dato luogo a una pacifica e duratura convivenza, nella quale le singole identità hanno saputo e potuto esprimersi e svilupparsi senza negare, opprimere o discriminare le altre. Esse hanno così dato forma a una tessitura di rapporti e di situazioni che, sotto questo profilo, possono rendervi un esempio a cui fare riferimento per una convivenza serena e fraterna, nella distinzione e nel rispetto reciproco».

Skopje è la città natale di Madre Teresa di Calcutta, al secolo Anjezë Gonxha Bojaxhiu, la bimba di etnia albanese che fu battezzata nel luogo dove oggi, sulle macerie della chiesa distrutta dal terremoto del 1963, sorge «la casa memoriale» che il Papa ha visitato dopo l’incontro con le autorità e prima di celebrare la messa davanti a 15 mila fedeli, buona parte della piccola (meno dell’1 per cento) comunità cattolica macedone. Francesco ha esortato a seguire l’esempio della santa che, «mossa dall’amore di Dio, ha fatto della carità verso il prossimo la suprema legge della sua esistenza, suscitando ammirazione in tutto il mondo e inaugurando uno specifico e radicale modo di porsi al servizio degli abbandonati, degli scartati, dei più poveri». Nel memoriale, il pontefice ha recitato una lunga preghiera: «Intercedi presso Gesù affinché anche noi otteniamo la grazia di essere vigili e attenti al grido dei poveri, di coloro che sono privati dai loro diritti, degli ammalati, degli emarginati, degli ultimi. Lui ci conceda la grazia di vederlo negli occhi di chi ci guarda perché ha bisogno di noi», ha detto tra l’altro. «Ci doni un cuore che sa amare Dio presente in ogni uomo e donna e che sa riconoscerlo in coloro che sono afflitti da sofferenze e ingiustizie. Ci conceda la grazia di essere anche noi segno di amore e di speranza nel nostro tempo, che vede tanti bisognosi, abbandonati, emarginati ed emigranti».

Durante la messa, commentando una frase di Gesù nel vangelo di Giovanni, «chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete», Francesco ha esclamato: «Ci siamo abituati a mangiare il pane duro della disinformazione e siamo finiti prigionieri del discredito, delle etichette e dell’infamia; abbiamo creduto che il conformismo avrebbe saziato la nostra sete e abbiamo finito per abbeverarci di indifferenza e di insensibilità; ci siamo nutriti con sogni di splendore e grandezza e abbiamo finito per mangiare distrazione, chiusura e solitudine; ci siamo ingozzati di connessioni e abbiamo perso il gusto della fraternità. Abbiamo cercato il risultato rapido e sicuro e ci troviamo oppressi dall’impazienza e dall’ansia. Prigionieri della virtualità, abbiamo perso il gusto e il sapore della realtà».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT