14 luglio 2018 - 12:36

Le grandi intuizioni di Raul Gardini, l’uomo che inventò la «chimica verde»

Industriale ricco di brillanti progetti, ma anche finanziere spericolato, voleva fare dell’Italia il centro dell’agrindustria mondiale, rivoluzionando coltivazioni e sistemi di propulsione

di d Ferruccio Pinotti

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Un’avventura imprenditoriale unica, col vento in poppa

«Personalmente sono dell’idea che la vita debba essere vissuta fino in fondo e non per finta, anche se talvolta c’è da farsi venire il mal di stomaco. » In questa frase c’è tutta la personalità di Raul Gardini il geniale imprenditore ravennate nato il 7 giugno 1933 e morto suicida a Milano il 23 luglio 1993, durante l’inchiesta Mani Pulite. Cresciuto professionalmente nell’azienda di Serafino Ferruzzi, di cui diventò genero sposandone la figlia Idina, Raul Gardini trasformò la Ferruzzi in un gruppo prevalentemente industriale, grazie a una politica di continue acquisizioni: tra il 1981 e il 1986 fu acquisito il controllo del maggiore produttore di zucchero italiano, l’Eridania, allora quotata in Borsa, e del produttore francese di zucchero Béghin Say, creando la società Eridania-Béghin Say, a cui pose come presidente Renato Picco in sostituzione di Giuseppe De André, presidente storico di Eridania. Nel 1987 fu la volta della divisione amido dell’americana CPC, nel 1988 di Central Soya e Leiseur Koipe specializzate nella lavorazione della soia. La maggioranza della Montedison fu acquisita in varie fasi tra il 1985 e il 1987. Tutto ciò fu possibile grazie ad aumenti di capitale dalle varie società del gruppo realizzati in Borsa, in anni in cui il mercato finanziario italiano conosceva una fase di euforia grazie alla nascita dei primi fondi comuni di investimento: questo permise alla Ferruzzi di raccogliere risorse finanziarie da impiegare nelle acquisizioni.

Gardini al timone del Moro di Venezia nel 1992 Gardini al timone del Moro di Venezia nel 1992

Negli anni Ottanta diventa celebre per la scalata alla Montedison. Gardini infatti realizza con l’Eni la fusione delle attività chimiche dei due gruppi, fondando Enimont, di cui Eni e Montedison possiedono il 40% ciascuno, mentre il restante 20% è nelle mani del mercato azionario. In seguito dà la scalata a Enimont, ma l’operazione salta per una serie di opposizioni politiche, finanziarie e giudiziarie. Di qui la decisione di vendere all’Eni il proprio 40%. Una parte dell’ingente quantità di denaro incassato viene usato per versare tangenti al sistema politico che, promettendo di defiscalizzare le plusvalenze della Montedison derivanti dall’attribuzione di parte delle attività a Enimont, aveva indotto Gardini a entrare nell’impresa della nascita dell’Enimont stessa. È provato dalla sentenze che la gestione delle tangenti fu orchestrata da Carlo Sama, Giuseppe Garofano, Luigi Bisignani e Sergio Cusani e messa in pratica tramite lo Ior del Vaticano gestito dal prelato Donato De Bonis. Negli anni ‘90 la figura di Gardini è anche legata allo sport e in particolare all’America’s Cup, di cui il Moro di Venezia, la barca voluta da Gardini e finanziata dalla Montedison, fu protagonista nell’edizione del 1992. Fu infatti la prima barca italiana nella storia a vincere la Louis Vuitton Cup. Nell’anno successivo, il 1993, esplode l’inchiesta giudiziaria di Mani Pulite, che tocca anche la vicenda Enimont. Gardini, molto scosso dalla notizia del suicidio nel carcere di San Vittore di Gabriele Cagliari (suo rivale nella vicenda Enimont), ma anche dalla consapevolezza che gli inquirenti puntavano oramai su di lui, si suicida con un colpo di pistola.

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