12 maggio 2018 - 22:21

Salone del Libro di Torino
L’Italia è in viaggio da 25 anni
Senza sapere dove va Speciale

Luciano Fontana e Francesco Piccolo si confrontano sul saggio del direttore
del «Corriere» (Longanesi). La necessità di varare una nuova legge elettorale

di CARLO BARONI, inviato a Torino

Da sinistra: Luciano Fontana, Massimo Bray e Francesco Piccolo durante l’incontro al Salone del Libro di Torino Da sinistra: Luciano Fontana, Massimo Bray e Francesco Piccolo durante l’incontro al Salone del Libro di Torino
shadow

Parlare della politica italiana è come stare sopra un treno che sta viaggiando da venticinque anni. I panorami fuori dai finestrini cambiano continuamente, non si conosce la stazione di arrivo e stiamo già dimenticando quella di partenza. Un Paese senza leader, il libro scritto da Luciano Fontana per Longanesi, giunto alla terza edizione, coglie quest’attimo che non finisce mai.

Luciano Fontana, «Un Paese senza leader» (Longanesi, pagine, 224, euro 16,90)
Luciano Fontana, «Un Paese senza leader» (Longanesi, pagine, 224, euro 16,90)

Sabato 12 maggio il direttore del «Corriere della Sera» si è confrontato con Francesco Piccolo al Salone del Libro di Torino. Un giornalista e uno scrittore, con una passione per la politica che viene da lontano.

«Il mio un libro profetico? — si chiede Fontana — Con questa legge elettorale le previsioni non si potevano sbagliare. È stata costruita perché nessuno vincesse. La sorpresa che ha scompigliato le carte è stata il buon risultato, inaspettato, della Lega». Al contrario il crollo della sinistra era un evento quasi ineluttabile. «La sinistra, parlando psicoanaliticamente, si compiace di perdere — sottolinea Piccolo — quasi fino a sparire. E ci stanno riuscendo benissimo».

Un vizio antico, ricorda Fontana: «Hanno bruciato dieci leader nello stesso lasso di tempo in cui in Germania c’erano giusto solo Merkel e Schröder. È la sindrome Turigliatto, il semi sconosciuto senatore che mise in crisi nera il governo Prodi». Colpa (solo) di Renzi? «Avevo molto fiducia in lui all’inizio. Ma è un politico che ha sempre bisogno di una sfida, di qualcuno da abbattere, è affetto da rottamazione compulsiva». E Berlusconi? «Ha trasformato radicalmente la politica — spiega Fontana —, ma alla fine non ha lasciato nessuna impronta vera, né riformista, né conservatrice. Certo, come diceva D’Alema, meglio non averci a che fare, perché finisci per dargli ragione».

Piccolo non ci sta a parlare troppo del passato, quasi remoto, della prima Repubblica: «Se la nostalgia si spinge fino a dire che Andreotti era un grandissimo... Però lui, come quelli della sua generazione, era un politico di governo. Questi, in particolare Di Maio e Salvini, sono politici di opposizione. Che stanno insieme perché non possono stare con gli altri».

Come se ne esce? «Intanto — conclude Fontana — facendo le cose necessarie e mettendo mano alla legge elettorale. E poi bisogna riandare a votare. Servirebbe un doppio turno per dare governabilità al Paese. È il modo di chiedere ai cittadini di fare quello che non è riuscito ai politici». Con l’auspicio di non cadere però nei soliti bizantinismi. «Il nostro è un Paese — ricorda Piccolo — che se deve far spostare le auto parcheggiate in seconda fila fa una legge sull’urbanistica...».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT