9 agosto 2018 - 08:05

Facebook: riviste tutte le app
per evitare l’uso distorto dei dati

Colombo: dopo Cambridge Analytica abbiamo incentivi per chi segnala le lacune

di Fabio Savelli

shadow

«Dopo Cambridge Analytica abbiamo rivisto tutte le applicazioni che accedono a Facebook onde evitare un uso distorto dei dati». Luca Colombo country director del social network spiega puntiglioso il cambio in atto in quello che è uno dei big dell’hi-tech. «Abbiamo messo in standby le app più recenti, per essere certi della loro compatibilità con le nostre politiche, abbiamo informato gli utenti sul modo di gestire i propri dati sulla piattaforma, abbiamo rimosso tutte le applicazioni non più attive da tre mesi e ridotto a un numero estremamente limitato le informazioni trasmesse a chi usa la funzionalità log in di Facebook. Infine abbiamo realizzato un programma di incentivi volto agli sviluppatori hi tech per segnalare eventuali lacune della piattaforma in modo da porvi rimedio».

Per Colombo è la riprova di un cambiamento copernicano da parte di Facebook, voluto da Mark Zuckerberg. Eppure i nodi al pettine sono ancora parecchi. Innegabile che sulla rete a volte ci sia una diffusione virale di notizie totalmente false, capace, secondo alcuni, persino di condizionare alcune tornate elettorali.

«Abbiamo costruito con un partner una collaborazione quotidiana per il fact checking delle notizie. Le fake news vengono rese meno visibili, e sotto la notizia falsa l’utente può leggere l’analisi del fact checker per capire perché è stata giudicata falsa. Ma non possiamo ancora evitarne una diffusione in tempo reale vista l’infinita molteplicità di fonti», dice Colombo. Che spiega anche il rapporto complesso con gli istituti di credito. Secondo indiscrezioni Facebook avrebbe chiesto ad alcune banche Usa di avere accesso ai dati dei loro clienti per vendere prodotti e servizi.

«Non usiamo i dati degli acquisti dalle banche o da compagnie di carte di credito a scopi pubblicitari. Inoltre, non abbiamo relazioni speciali, partnership o contratti con banche o aziende di carte di credito per usare i dati relativi agli acquisti dei loro clienti per fare pubblicità. Stiamo solo lavorando per aiutarle a sfruttare i nostri software di messaggistica istantanea come WhatsApp e Messenger nel loro servizio di assistenza. Noi siamo solo interessati a veicolare pubblicità su questi programmi, ma senza profilare troppo gli utenti», ribatte Colombo. Jp Morgan, nell’attesa, ha detto apertamente di no.

Ieri, poi, il nuovo caso Unicredit. «Siamo sorpresi», dice Colombo. Si riferisce alla decisione di Jean Pierre Mustier, amministratore delegato di Unicredit, di «divorziare» dalla piattaforma, ritirando tutti gli investimenti pubblicitari e cessando le attività di comunicazione che la banca ha sul social network. «Avevamo incontrato il loro dipartimento Comunicazione e Marketing a metà aprile, poco dopo i fatti di Cambridge Analytica, spiegando loro le misure che avevamo introdotto», spiega il numero uno di Facebook Italia.

E Luca Colombo ci tiene a sottolineare come le aziende, quindi anche la stessa Unicredit, possano muoversi in totale autonomia sulla piattaforma e gli incontri, per così dire, bilaterali semmai servano soltanto per migliorare le strategie di promozione delle imprese sfruttando le potenzialità del social network più popolare al mondo. Ma la strada evidentemente è ancora lunga.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT