6 settembre 2018 - 22:24

Un investitore di Pechino per Alitalia
Roma bussa alla porta di Air China

Il governo ha sondato la compagnia e una rivale durante la visita nel Paese asiatico. il sottosegretario Geraci: non vogliamo vendere i nostri asset, cerchiamo investimenti

di Guido Santevecchi, corrispondente da Pechino

Aerei di Air China Aerei di Air China
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C’è anche il futuro di Alitalia nei piani della Task Force Cina costituita dal Ministero per lo sviluppo economico. Il sottosegretario Michele Geraci ne ha parlato ieri a Pechino sondando l’interesse di due gruppi, tra i quali Air China, compagnia di bandiera di proprietà della Repubblica popolare. «Non è un segreto, cerchiamo investimenti, esploriamo, chiediamo nell’ambito di un approccio complessivo del sistema Italia», spiega Geraci, che prima di essere chiamato nella squadra di governo è stato per dieci anni professore universitario a Shanghai, parla fluentemente il mandarino ed è ospite fisso dei programmi di approfondimento economico della tv statale di Pechino.

Il governo, assicura il sottosegretario, «non vuole svendere i nostri asset, e possibilmente nemmeno venderli, persegue l’obiettivo degli investimenti. Per Alitalia non siamo alla ricerca di una società che la salvi, ma che la rilanci credendoci e investendoci per motivi strategici. Niente idee tipo Air France o Etihad 2.0. Io penso che qui in Cina ci sia un’opportunità importante». Il professore ha spiegato che visti i crescenti interessi cinesi in Africa, in Europa meridionale e in America Latina, Alitalia può offrire un hub intercontinentale ed è l’unica compagnia europea dove Pechino può investire. Arrivando fino a una quota del 49%.

È ancora interessata ed è in contatto con il governo italiano per le operazioni a corto-raggio di Alitalia anche EasyJet, ha detto ieri l’amministratore delegato della società, Johan Lundgren, «ma ogni accordo deve avere un senso dal punto di vista commerciale». La Task Force Italia per la Cina nella visione di Geraci deve mettere sul tavolo dei negoziati commerciali più temi contemporaneamente «perché così si può concedere su uno e ottenere condizioni più vantaggiose su un altro». Si deve aumentare l’interscambio (oggi sui 40 miliardi di euro l’anno ma con un deficit italiano). E bisogna «eliminare l’approccio individuale delle nostre Pmi. Le piccole e medie imprese italiane fanno poco qui in Cina rispetto a quelle francesi o tedesche perché si presentano da sole in un mercato vastissimo e difficile. Serve una digitalizzazione e internazionalizzazione». E per quanto riguarda gli investimenti cinesi in Italia, l’obiettivo è che ci sia una quota «greenfield, che parte da zero per costituire un’attività produttiva».

Geraci ha sfruttato anche l’occasione del grande vertice Cina-Africa che si è appena tenuto a Pechino per incontrare i leader di Egitto ed Etiopia. E propone di collaborare con la Cina che costruisce grandi infrastrutture africane anche per arginare il flusso di migranti da noi. Prossimi appuntamenti per Geraci e la sua nuova Task Force, che sottolinea di avere come avamposto stabile l’ambasciata italiana a Pechino diretta da Ettore Sequi, le grandi fiere di Chengdu a fine settembre (Italia ospite d’onore) e Shanghai a inizio novembre.

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