8 agosto 2018 - 21:17

Pensioni, quota 100 e reddito di cittadinanza: le ultime novità nella bozza della manovra

Dai 2 miliardi per i centri per l’impiego alle risorse per il reddito di cittadinanza. Previsti risparmi per 10 miliardi di euro

di Lorenzo Salvia e Mario Sensini

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Il percorso del disegno di legge di Bilancio

I titoli sono noti, i capitoli ancora da scrivere. Sul disegno di legge di Bilancio, che il governo dovrà presentare in Parlamento entro il 15 ottobre, il vertice di ieri ha confermato l’intenzione di avviare le riforme contenute nel contratto di governo. Per la flat tax, il tentativo è non solo di estendere la platea delle partite Iva che già oggi la applicano ma dare almeno un primo segnale anche alle famiglie. Parte delle risorse dovrebbero arrivare dalla «pace fiscale», condono che però dovrebbe avere un serie di paletti per essere limitato ai piccoli debiti con il Fisco e comunque a chi aveva dichiarato i propri redditi e poi non ha versato il dovuto. Sulle pensioni l’obiettivo è introdurre una versione soft del meccanismo «quota 100», che consentirebbe di lasciare il lavoro in anticipo ma comunque con almeno 64 anni d’età, contro i 67 che scatteranno a gennaio. Mentre l’intervento sugli assegni più alti, con il ricalcolo in base al sistema contributivo della quota che supera i 4 mila euro netti al mese, dovrebbe marciare in parallelo con un disegno di legge collegato alla manovra. I risparmi, circa 600 milioni di euro l’anno, dovrebbero essere destinati alle pensioni più basse. Sul reddito di cittadinanza si ragiona sulla possibilità di trovare i 2 miliardi necessari per potenziare i centri per l’impiego pescando dal Fondo sociale europeo. Ma dovrebbero essere stanziate anche altre risorse, che si aggiungeranno a quelle già disponibili per il Rei, il reddito di inclusione attiva riservato alle famiglie che vivono sotto la soglia di povertà assoluta, e e probabilmente anche per la Naspi, il sussidio di disoccupazione che oggi chi perde il lavoro incassa per due anni. Sul tavolo anche l’obiettivo, indicato dal ministro dell’Economia Giovanni Tria, di frenare la spesa corrente dei ministeri. «Congelarla» in termini nominali sugli stessi livelli dell’anno scorso appare un’operazione ambiziosa, anche se farebbe recuperare 10 miliardi di euro. Con ogni probabilità verranno fissati obiettivi di risparmio per i singoli ministeri. Di fatto un ritorno della spending review, la revisione della spesa pubblica che, anche se in dosi ben più robuste, era stato uno dei pilastri della stagione dell’austerity.

Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte , con il ministro dell'Economia, Giovanni Tria Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte , con il ministro dell'Economia, Giovanni Tria

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