Migranti e guerra commerciale

Trump punisce il Messico: dazi se non ferma i migranti

di Giuseppe Sarcina

Trump punisce il Messico: dazi se non ferma i migranti

Dal nostro corrispondente
WASHINGTON — È una mossa estrema, senza precedenti nella storia recente. Donald Trump annuncia che a partire dal 10 giugno verrà imposto un dazio pari al 5% su tutte le merci importate dal Messico «fino a quando (i messicani ndr) non fermeranno i migranti illegali che entrano nel nostro Paese». La misura punitiva salirà del 5% il 1° luglio, poi di un altro 5% ogni mese fino al tetto del 25% raggiungibile il 1° ottobre se alla frontiera non sarà cambiato nulla.

La decisione di Trump ha colto di sorpresa il governo messicano. Le prime reazioni sono state molto dure, del tipo: non accettiamo provocazioni. Poi però il presidente Andrés Manuel López Obrador ha scritto una lettera che comincia in modo polemico e termina con l’invito al dialogo: «Non credo nella legge del taglione, nell’occhio per occhio, dente per dente, perché alla fine saremmo tutti sdentati e guerci... gli esseri umani non lasciano le loro case per piacere, ma per necessità... le propongo di ricevere il ministro degli Esteri Marcelo Ebrard per trovare un accordo a beneficio delle nostre due nazioni». Il ministro Ebrard è subito partito per la capitale americana: comincia un’altra complicata trattativa.

La crisi è gestita dal ministro a interim della Sicurezza, Kevin McAleenan e dal capo dello staff della Casa Bianca, Mick Mulvaney. Giovedì sera McAleenan ha fatto il punto con i giornalisti: «Stiamo vivendo un’emergenza umanitaria e per la sicurezza interna. Il mese di maggio si avvia a registrare il più alto numero di ingressi degli ultimi 12 anni, sorpassando il record di 109 mila arrivi fissato ad aprile». Migliaia di persone non hanno neanche un documento di identità («4.500 solo negli ultimi 21 giorni»). I centri di accoglienza, di smistamento e di detenzione, in Texas come in Arizona, sono al collasso da mesi. Ancora McAleenan: «Abbiamo 80 mila persone in custodia, un livello che è oltre le nostre possibilità di gestione». In questo marasma, le vittime più innocenti sono, senza discussione, i bambini e i ragazzi. Spesso viaggiano senza i genitori: «Oltre quattromila solo quest’anno» osserva McAleenan. Lo scorso anno Trump ha cercato di fronteggiare la situazione inviando i militari. Una strategia che, evidentemente, non ha funzionato. A questo punto l’amministrazione vuole coinvolgere il Messico, con tre richieste. Primo: sigillare il confine a Sud con il Guatemala, passaggio obbligato per l’onda dei profughi provenienti anche da El Salvador e Honduras. Secondo: gestire sul proprio territorio le richieste di asilo, senza consentire ai migranti di attraversare tutto il Paese in direzione degli Stati Uniti. Terzo punto, il più difficile: smantellare il racket dei trafficanti, un’impresa criminale di dimensioni industriali che certamente può contare su alleanze importanti tra i politici e i militari. Vedremo che cosa saranno in grado di promettere i messicani. Sul tavolo c’è la minaccia di stravolgere i rapporti economici tra i due Paesi. Il Messico è il terzo partner commerciale degli Usa, dopo Cina e Canada. Nel 2018 imprese e consumatori americani hanno acquistato beni e materiali intermedi per un valore di 350 miliardi di dollari. Secondo l’istituto Oxford Economics il piano di Trump potrebbe costare agli Stati Uniti una perdita di almeno lo 0,7% di prodotto interno lordo nel 2020. I mercati finanziari hanno reagito con nervosismo: quotazioni in calo a Wall Street e nelle altre Borse.

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