Retroscena

Governo, la manovra «in deficit» di Salvini allarma il Quirinale e Tria. Giorgetti: «Il prossimo Cdm? Mai»

di Francesco Verderami

Governo, la manovra «in deficit» di Salvini allarma il Quirinale e Tria. Giorgetti: «Il prossimo Cdm? Mai»

ROMA— Il team economico della Lega ha fatto di conto, ma cambiando l’ordine dei fattori il prodotto non cambia: la Finanziaria, con i provvedimenti che Salvini ha in animo, viene sempre «in deficit». Talmente «in deficit» da aver fatto drizzare i capelli a Conte, a Tria e soprattutto al Quirinale. L’interrogativo è se davvero il capo del Carroccio sia intenzionato a sfidare l’Europa e i mercati, o se il suo progetto non sia altro che un manifesto elettorale. Perché — nonostante l’assicurazione offerta a Conte di voler andare avanti — il governo vacilla.

Ce n’è la prova, sta nelle parole pronunciate da Di Maio davanti ad alcuni suoi ministri, ai quali ha detto di esser consapevole che «di qui a breve quelli troveranno i motivi per rompere». Su un punto i due vice premier concordano: la data delle (eventuali) prossime elezioni, indicata ai rispettivi dirigenti di partito in riunioni rigorosamente separate. «Il 29 settembre». Di prova ce ne sarebbe anche un’altra, per quanto laterale: il grillino Di Battista ha spostato la partenza del viaggio in India, alimentando i sospetti del capo del Movimento, che vede ombre dappertutto. Anche se nei conversari riservati riconosce le proprie colpe in plurale maiestatis: «Ci siamo cacciati in un pasticcio».

Il pasticciaccio brutto del voto Europeo ha consegnato le chiavi del governo a Salvini, che si è messo ad esercitare il ruolo di premier nemmeno tanto in ombra: chiede che il prossimo Consiglio dei ministri approvi il decreto sicurezza bis, giudicato «molto spinto» persino da alcuni suoi fidati al Viminale. Figurarsi i Cinquestelle, che rasentano l’implosione. E saranno proprio i decreti (non il caso Rixi) le mine su cui rischia di saltare Conte, pronto a convocare il vertice con i due vice appena Di Maio avrà ottenuto il voto di fiducia (scontato) dalla piattaforma Rousseau.

C’è un motivo se il segretario della Lega insiste sulla sicurezza: uno studio commissionato dal suo staff rivela che il tema resta in cima alla lista delle priorità per gli italiani. La crisi dei conti pubblici invece, la «grandinata» prevista da Giorgetti, non è ancora percepita. Perciò Salvini spinge con il decreto bis, che sarà la (prima) prova del nove per la tenuta della coalizione.

Pugno di ferro in guanto di velluto, il titolare dell’Interno promette stabilità ma pretende garanzie, disponendo di una doppia alternativa: le urne o la spaccatura dei grillini. Sui quali infierisce con abilità: «Preferisco stare al governo con Di Maio, piuttosto che allearmi con la Meloni», è l’espressione conciliante rivolta all’altro vice premier. Troppo conciliante per l’ala movimentista dei Cinquestelle, infuriata per il modo in cui il leader della Lega ha difeso l’operato di «Luigi». D’altronde i due o resteranno insieme a palazzo Chigi o marceranno divisi alle elezioni. Una terza via non c’è, perché — come ha spiegato Giorgetti — l’ipotesi analizzata dal Carroccio di lasciare a un esecutivo tecnico l’incombenza della Finanziaria prima di tornare a votare, sarebbe impraticabile: «In quel caso scordatevi che il Quirinale lo farebbe dimettere a gennaio. Il governo durerebbe». E Salvini vedrebbe sciogliere il suo 34% senza poterlo portare all’incasso. Il gioco è questo, il resto è contorno. Compreso il rimpasto dei sottosegretari grillini «bocciati» da Di Maio, la lista di proscrizione dei ministri cinquestelle presentata a Conte da Salvini, la delega per i rapporti con l’Europa da destinare al Carroccio.

Ma è possibile che il disegno egemonico del «capitano» si riduca a un valzer di seggiolini? No che non è così, il primo a saperlo è Di Maio, che vorrebbe trovare il modo «per rimbalzare», cioè per rilanciarsi, e invece rischia di schiantarsi anche per colpa di «certi amici ingrati». Persino Casini gli ha espresso solidarietà. Fuori i secondi, si comincia. Anche se Giorgetti vorrebbe che fosse già finita. «Giancarlo», gli hanno chiesto dei leghisti: «Quando sarà il prossimo Consiglio dei ministri?». E lui d’istinto: «Mai».

ULTIME NOTIZIE DA L’ECONOMIA
>