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Ghana, adesso il Pil cresce più della Cina: addio agli aiuti dell’Fmi

di Redazione Economia

Ghana, adesso il Pil cresce più della Cina: addio agli aiuti dell’Fmi Un treno delle ferrovie del Ghana

Lo aveva annunciato il presidente del Ghana Nana Akufo-Addo nel suo discorso sullo Stato della Nazione nel 2017: «Niente più aiuti per il Ghana», aveva detto. E lo ha fatto. Il suo programma economico basato sul «Ghana Beyond Aid», ovvero un Paese capace di andare avanti con le sue sole forze, avrà ufficialmente inizio a partire dal prossimo 3 aprile. La data segna il primo giorno successivo a quello in cui sarà completato un programma quadriennale di aiuti concessi dal Fondo Monetario Internazionale nel 2015. L’ultima tranche di questo programma, da 185,2 milioni di dollari approvata lo scorso 20 marzo, chiude così il pacchetto triennale di aiuti al Paese avviato nel 2015 e poi prorogato ulteriormente per un anno nel 2017 che ha permesso al Ghana di beneficiare di una linea di credito da 925, 9 milioni di dollari. Dunque il 3 aprile sarà il giorno in cui una promessa da campagna elettorale si trasformerà in realtà in un Paese il cui Prodotto interno lordo cresce incessantemente a ritmi fra il 7 e l’8 % dal 2017 (la Cina, il Paese che nell’immaginario di tutti cresce ai ritmi più elevati, nel 2019 vedrà incrementare il Pil «tra il 6 e il 6,5 per cento», secondo le ultime previsioni). Secondo gli economisti ghanesi questa linea di credito del Fondo Monetario Internazionale è servita a riparare un’economia intrappolata dall’inflazione e dall’elevato debito pubblico e ha mirato a ripristinare la sostenibilità del debito e la stabilità macroeconomica favorendo una maggiore crescita e la creazione di posti di lavoro. Visti i risultati degli ultimi due anni, il presidente Nana Akufo-Addo ha pertanto annunciato con la spavalderia di chi ha le statistiche dalla sua parte, che il Paese non avrebbe esteso il suo accordo di concessione di ulteriori programmi di credito ampliato (Extended Credit Facility).

Il Fondo monetario internazionale, dal canto suo, ha dato al Paese la sua benedizione quando il suo Comitato esecutivo ha riconosciuto che «le autorità ghanesi hanno ottenuto significativi guadagni macroeconomici nel corso del programma con crescita in aumento, inflazione a una cifra, consolidamento fiscale e pulizia del settore bancario». Per questo a novembre 2018 il governo del Ghana, per la prima volta, ha presentato al Paese una Legge di Bilancio non condizionata dalle richieste del Fondo monetario internazionale e che prevede un futuro roseo con un tasso di crescita del Pil pari al 7,6% e un deficit di bilancio al 4,2%. Non solo, nel presentare questi risultati il ministro delle Finanze, Ken Ofori-Atta, ha anche annunciato un ambizioso programma di investimenti. La domanda è ora, ce la farà il Ghana a proseguire nel suo cammino di sviluppo? I detrattori dell’attuale governo temono di no, forti di argomenti legati alle difficoltà che stanno riscontrando alcuni programmi promessi dal presidente e non ancora messi in piedi. Il riferimento è all’annunciata rivoluzione industriale insita nel programma «una fabbrica per ogni distretto» (ma ad oggi sono solo 18 i progetti industriali approvati su 216); alla rivoluzione culturale inserita nel progetto «scuola superiore gratis per tutti» (che non è riuscita a contenere l’altissimo numero di studenti); e, per finire, alla promessa di installare «una diga per ogni regione» per scongiurare i black out di energia elettrica di cui soffre il paese e l’industria. Se poi alle difficoltà a decollare di questi progetti si aggiungono la debolezza della moneta locale e una crisi del settore bancario che si sta ripercuotendo sulla quotidianità dei cittadini, allora gli scettici sembrano avere ragione. Il Ghana rimane comunque un Paese con una popolazione di circa 29,5 milioni con un reddito pro capite di quasi 1.800 dollari, esportatore di oro e fra i primi produttori di cacao al mondo, un oro giallo e un oro marrone cui da qualche anno si è aggiunto un oro nero, quello dei giacimenti di petrolio il cui sfruttamento è iniziato al largo delle sue coste nel 2010. Ma soprattutto il Paese è ricco di qualcosa che può trasformarlo nel crocevia dei commerci per l’intera area dell’Africa occidentale: la stabilità democratica, bassi tassi di criminalità e la quasi totale assenza di movimenti estremisti di qualsiasi natura.

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