29 maggio 2019 - 23:11

Gori: «Al Pd serve un alleato
ma no a operazioni da laboratorio»

Il sindaco rieletto: Il candidato premier? Sala o Calenda

di Simone Bianco

Gori: «Al Pd serve un alleato ma no a operazioni da laboratorio»
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In una provincia in cui la Lega alle Europee ha superato il 51%, numeri da vecchia Dc, Giorgio Gori è riuscito a farsi rieleggere sindaco di Bergamo al primo turno per il centrosinistra, con il 55,33%. L’avversario, il leghista Giacomo Stucchi, staccato di 16 punti. «Domenica sera, dopo aver visto i risultati delle Europee, ero andato a letto preoccupato».

Invece poi alle Amministrative ha ribaltato il risultato. Come si fa?
«Alla fine, nemmeno alle Europee è andata così male, il Pd è oltre il 32%. Pochi minuti dopo l’inizio dello spoglio delle Comunali è stato chiaro che avremmo vinto. È stato decisivo il lavoro amministrativo, che ha convinto gli elettori, ma credo che dal voto di alcune città, penso anche a Bari e Firenze, emergano indicazioni importanti a livello nazionale».

Quali?
«Intanto, che non si può prescindere dalle persone, dai nomi. La cartina dell’Italia negli anni è passata dall’essere tutta azzurra per Berlusconi, rossa per Renzi, ora verde per Salvini. Il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, ha fatto un ottimo lavoro che ha restituito compattezza interna, ma ora serve una leadership».

Il suo esordio in politica è combaciato con l’esplosione del fenomeno Renzi. È ancora un punto di riferimento, almeno per lei?
«Ci siamo sentiti in questi giorni, mi ha fatto le congratulazioni per messaggio. Sono convinto che lui abbia ancora grande presa. Ma penso che questa fase in cui resta lontano dalla prima linea debba continuare, per ora».

Beppe Sala, sindaco di Milano, è il profilo più adeguato come candidato premier?
«Sì, Beppe è un amico e mi piace molto. Credo che le persone più indicate siano lui e Carlo Calenda».

Calenda è pronto a lanciare il progetto di un partito lib-dem alleato con il Pd.
«Condivido l’idea che per tornare maggioranza nel Paese al Pd serva un alleato forte. A Bergamo abbiamo vinto grazie al Pd che ha tenuto, ma anche al 22% della mia lista civica. Però diffido delle operazioni costruite in laboratorio: Calenda è identificato con una stagione di governo del Pd, è stato eletto nel Nord Est nelle liste del partito. Nell’area moderata c’è un vuoto da riempire, ma un soggetto del genere fatalmente attingerebbe al bacino di consensi del Partito democratico».

Romano Prodi al «Corriere» ha detto che il successo di Salvini è fondato sulla paura. Come si tolgono questi elettori alla Lega?
«Prodi ha ragione e sono convinto che Salvini sia stato molto abile a coltivare le paure ma che il suo consenso sia fragile, rischia di schiantarsi sulle questioni economiche. Anche a Bergamo abbiamo quartieri in cui l’integrazione tra italiani in difficoltà e stranieri, che magari condividono le stesse case popolari, è un processo non riuscito. Bisogna parlare con queste persone, occuparsi del loro disagio. È l’unico modo per battere la Lega».

Perché vincete nelle città e perdete nel resto del Paese?
«Le città sono luoghi di apertura, in cui i livelli di istruzione sono più alti, c’è maggior contatto con le differenze, più consumi culturali».

Non starà dicendo che dove perdete la gente è più ignorante?
«No, ma nei piccoli comuni le occasioni di confronto sono minori. E il tema dell’analfabetismo funzionale, come lo chiama Calenda, anche per me è reale».

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