Reddito di cittadinanza, il programma dei partiti: posizioni a confronto

di Carlotta De Leo

Per il M5S il reddito di cittadinanza va rafforzato, per il centrodestra cancellato o limitato (Meloni lo aveva definito «metadone di Stato»). Il Partito democratico lo vuole correggere, ma anche il terzo polo punta a una modifica

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Per il movimento 5 stelle è un caposaldo intoccabile - tanto che una sua parziale modifica inserita nel Decreto Aiuti è stata una delle scintille che ha acceso la crisi del governo Draghi - e intende rafforzarlo. All’opposto, il centrodestra lo vorrebbe cancellare, o «sostituire con altre misure di inclusione sociale». Per il Pd, invece, è necessaria una riforma per renderlo più efficace soprattutto per le famiglie. E il terzo polo? Sul reddito si è arrivati a un accordo per rivederlo dopo un confronto aperto tra Carlo Calenda (che voleva riformarlo) e Matteo Renzi che pochi mesi fa aveva proposto un referendum per abolirlo.

Sul reddito di cittadinanza si accende la battaglia politica di Ferragosto. La misura di contrasto alla povertàintrodotta nel gennaio 2019 - costa tra i 7 e gli 8 miliardi di euro all’anno ed è finito spesso sotto accusa (anche dell’Ocse). Tuttavia con il sostegno a 2,2 milioni di famiglie (4,8 milioni di persone) ha rappresentato una «diga» per il Paese nella difficile fase pandemica e lo stesso premier Draghi, nel suo ultimo discorso in Senato l’ha definito «utile, ma può essere migliorato», anticipando una stretta (il sostegno decade dinanzi a un doppio rifiuto non solo delle offerte dei centri per l’impiego, ma anche delle chiamate dirette dei datori di lavoro).

M5S: va rafforzato

La misura - da rivedere, rilanciare o sostituire a seconda dei punti di vista – figura in tutti i programmi elettorali. Quello del M5S appena presentato al Viminale, prevede il rafforzamento del «reddito», con misure per rendere più efficiente il sistema delle politiche attive e monitoraggio delle misure antifrode. Nel programma si parla anche un ritorno al cashback fiscale, fino ad arrivare alla sperimentazione della «riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario» soprattutto nei settori a più alta intensità tecnologica» con le imprese che decidono ci aderire che otterranno esoneri, crediti di imposta e incentivi aziendali per l’acquisto di nuove dotazioni tecnologiche e nuovi macchinari.

Centrodestra: va cancellato (o limitato)

Nel centrodestra, invece, il giudizio sul reddito di cittadinanza è antitetico. Un anno fa circa, Giorgia Meloni lo definì «metadone di Stato» e lo scorso maggio anche Matteo Salvini propose di rivederlo: «Invece di creare lavoro, sta creando problemi» affermò. Inevitabile, quindi, che in campagna elettorale il «reddito» sia uno dei fronti più caldi. Nel programma del centrodestra si parla genericamente di una «sostituzione con misure più efficaci». Fratelli d’Italia preferirebbe inserire nuovi sussidi «di solidarietà» solo per chi ha un Isee basso. «Il reddito di cittadinanza Va cancellato, un conto è il dovere sacrosanto di aiutare chi è in difficoltà perché non può lavorare, altro è regalare un assegno di stato a chi non vuole lavorare» attacca Luca Ciriani, capogruppo di FdI al Senato. Più sfumata la posizione dell’alleato Antonio Tajani, coordinatore di Forza Italia: «Ridurremo i beneficiari del reddito di cittadinanza e destineremo quelle risorse (4 miliardi secondo Silvio Berlusconi, ndr) agli anziani con pensione più basse, agli invalidi».

Partito democratico: va corretto

La posizione del Partito democratico è incentrata su una revisione del provvedimento sulla base delle indicazioni della commissione Saraceno (istituita dal ministro del Lavoro, Andrea Orlando). Andando contro gli ex alleati 5 stelle, Enrico Letta ha sempre dichiarato che vorrebbe la modifica del reddito di cittadinanza (e del superbonus 110). Nel programma elettorale - che prevede l’introduzione del salario minimo - si propone di «ricalibrare il reddito di cittadinanza» per evitare le storture come «l’ingiustificata penalizzazione delle famiglie numerose e con figli minori». Necessario, poi, implementare «il sistema con un altro meccanismo: l’integrazione pubblica alla retribuzione (in-work benefit) in favore dei lavoratori e delle lavoratrici a basso reddito».

Il terzo polo: va modificato

Nel Terzo Polo le posizioni di partenza tra Carlo Calenda e Matteo Renzi erano ben distanti. «Sul reddito di cittadinanza abbiamo una differenza che dovremmo risolvere» confessava il leader di Azione». Calenda ambiva a una riforma: «Ci sono persone che non sono in grado di lavorare e vanno aiutate». Renzi, invece, lo ha bollato con «un fallimento» e ha raccolto le firme per abolirlo (il quesito referendario è già stato depositato Cassazione). Alla fine, è arrivata la mediazione sulla base della linea tracciata dal premier Draghi: « Bene aiutare chi non può lavorare, ma se chi può rifiuta un’offerta lo perde» dice Calenda che mira a coinvolgere nella riforma « le agenzie private per il lavoro» invece dei centri per l’impiego, che potranno collocare le persone.

15 agosto 2022 (modifica il 15 agosto 2022 | 16:51)