24 agosto 2018 - 22:03

Quella lettera al «popolo
di Dio» sulle atrocità dei preti pedofili

Francesco è il primo pontefice a mettere piede in Irlanda dopo le quattro indagini governative che rivelarono decenni di violenze e abusi su migliaia di minori nelle istituzioni cattoliche

di Gian Guido Vecchi

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Il viaggio del Papa in Irlanda ricorda l’Angelus Novus di Walter Benjamin, l’angelo della storia che procede con viso rivolto all’indietro, gli occhi spalancati sulla catastrofe del passato. Francesco è il primo pontefice e mettere piede in Irlanda — l’ultimo fu Wojtyla nel 1979 — dopo le quattro indagini governative che dal 2005 rivelarono decenni di violenze e abusi su migliaia di minori nelle istituzioni cattoliche. Al «Ferns Report» seguirono nel 2009 il «Ryan Report», cinquant’anni di crimini dal 1930, e il «Murphy Report» sulla diocesi di Dublino dal 1974 al 2004. Da ultimo, nel 2011, il «Cloyne Report» sulla diocesi omonima tra il 1996 e il 2009.

Basterebbe questo, per spiegare il discredito nel quale è caduta la Chiesa di San Patrizio e la difficoltà del viaggio. Ma c’è di più: in questi mesi, dagli Stati Uniti al Cile all’Australia, l’onda lunga di decenni di crimini pedofili e omertà si sta di nuovo abbattendo sul Vaticano. La lettera ai «cattolici d’Irlanda» del marzo 2010 fu una tappa della «tolleranza zero» voluta da Benedetto XVI — norme più severe, centinaia di spretati — e proseguita dal successore. Non poteva bastare.

Francesco ha appena scritto una lettera «al popolo di Dio» sulle «atrocità» dei preti pedofili. In Irlanda incontrerà alcune vittime. Ci sono state critiche da chi si aspettava un elenco di nuove procedure. Ma Francesco sa che, per eliminare il male, si tratta di andare più a fondo: cambiare, come ha scritto, una mentalità chiusa e dura da estirpare, quel «clericalismo» che sta alla radice degli abusi di potere e dell’omertà. Così ha scelto di rivolgersi non solo ai vescovi, ma ai fedeli di tutto il mondo. Il problema non sono le proteste esterne, ma le resistenze dall’interno.

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