28 agosto 2018 - 10:34

Francia, si dimette il ministro dell’Ambiente Nicolas Hulot: «Non ci credo più, sono stato lasciato solo»

Era uno dei membri del governo più popolari. Ha lamentato «i piccoli passi» che è riuscito a fare sul clima e sui temi ambientali nei 14 mesi al governo

di Stefano Montefiori, corrispondente da Parigi

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Quando il ministro Nicolas Hulot è entrato nello studio della radio pubblica France Inter, poco dopo le 8 di ieri mattina, nessuno sapeva che cosa avesse in mente, neanche i due celebri conduttori Nicolas Demorand e Léa Salamé. Che quindi lo hanno messo alle strette, facendogli domande in teoria imbarazzanti per un membro del governo. Solo che lui non aveva alcuna intenzione di tentare una difesa.

«Dopo le catastrofi ambientali di questa estate, come è possibile che non sia scattata alcuna mobilitazione straordinaria?», chiede Demorand. «Non lo capisco neanche io— risponde Hulot —, stiamo correndo verso una tragedia annunciata, nella totale indifferenza». Salamé lo incalza, «il premier Édouard Philippe ha parlato delle priorità senza spendere una parola per l’ecologia, non le sembra strano?». E Hulot: «Non mi sorprende perché è abituale, i politici sono ossessionati dal breve periodo e non riescono a fare politica per il medio-lungo termine. Sembra che interessi solo a me». «Ma allora ha intenzione di restare al governo, Nicolas Hulot? La sentiamo in preda neanche alla collera, ma alla tristezza», dice Demorand. E il ministro della Transizione ecologica annuncia, infine: «Ho preso la decisione più difficile della mia vita. Non voglio più mentire a me stesso, lascio».

Per il presidente Emmanuel Macron e il premier Édouard Philippe, che non erano stati avvertiti, è un colpo molto duro, e per i francesi un annuncio clamoroso, anche se il disagio del ministro in seno al governo era noto da tempo.

Nicolas Hulot, 63 anni, è una delle personalità più popolari di Francia, conosciuto al grande pubblico per avere realizzato e condotto per anni la trasmissione «Ushuaïa» che, con le spedizioni filmate dall’Artico alla Terra del Fuoco, ha contribuito a sensibilizzare i cittadini sui temi dell’ecologia.

Negli anni tanti presidenti hanno implorato Hulot di entrare al governo: ci hanno provato Jacques Chirac, Nicolas Sarkozy e François Hollande ma lui ha detto sì solo a Emmanuel Macron, 14 mesi fa, ottenendo un ministero con enormi competenze, dai trasporti all’energia alla transizione verso le fonti rinnovabili, e il rango di numero 2 dell’esecutivo.

In cambio Hulot è servito, non sempre consapevolmente, a ricoprire il ruolo di volto umano, conosciuto e amato dai francesi, in un governo pieno di politici nuovi arrivati e di tecnici a tendenza liberista. La speranza di Hulot era di rendere verde tutto il governo; il governo invece ha circoscritto le questioni verdi a lui solo, facendolo diventare una specie di alibi per il disinteresse generale, «tanto c’è Hulot» a riempire la casella ecologia.

Nello sfogo di ieri in diretta, nella trasmissione più seguita (quasi quattro milioni di radioascoltatori), l’ormai ex ministro se l’è presa con la politica dei «piccoli passi che non bastano», pur riconoscendo che la Francia fa più di tanti altri Paesi, ma soprattutto ha parlato della «responsabilità di tutti», dei cittadini e della società in generale. «Stiamo andando verso la catastrofe», ha ripetuto, e la sua denuncia vale per ognuno di noi, in tutti i Paesi. «Spero che le mie dimissioni non vengano strumentalizzate, e che servano almeno a dare uno scossone, perché non c’è più tempo».

Accanto ai temi epocali del riscaldamento climatico e dell’indifferenza di politici e cittadini, c’è poi un affronto personale ad avere dato a Hulot l’ultima spinta: la sera prima ha notato a una riunione all’Eliseo, non annunciato, l’avvocato Thierry Coste, lobbista della federazione dei cacciatori, che a gennaio organizzò per Macron una spettacolare caccia al cinghiale al castello di Chambord, e che in questi giorni di trattative sta ottenendo la riduzione a metà del costo del patentino. I cacciatori più ascoltati di lui: per Hulot è stato troppo.

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