28 agosto 2018 - 16:51

Chi è Orbán, il duro anti-migranti che ha Salvini come eroe

In politica dagli anni dell’adolescenza, ha militato tra i giovani comunisti ungheresi per poi spostarsi su posizioni sempre più di destra. Guida il gruppo dei duri di Visegrad

di Alessandro Sala

Il leader ungherese Viktor Orbán a Milano per l’incontro con Salvini (LaPresse) Il leader ungherese Viktor Orbán a Milano per l’incontro con Salvini (LaPresse)
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Viktor Orbán, 55 anni, è alla testa dell’Ungheria ininterrottamente dal 2010, dopo una prima parentesi alla guida dell’esecutivo tra il 1998 e il 2002. Quello che guida attualmente è il suo quarto governo, nato dopo la netta vittoria ottenuta alle elezioni politiche dello scorso aprile. Un successo che fa di lui il capo di governo politicamente più longevo, dopo la cancelliera tedesca Angela Merkel, tra quelli dei 28 Stati membri della Ue.

Il gruppo di Visegrad

Orbán è il leader di fatto del gruppo di Visegrad, ovvero l’associazione tra Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia, nata per gestire scambi e relazioni tra i quattro Paesi, ma che oggi si caratterizza per la strenua opposizione alla ricollocazione dei migranti sbarcati in Spagna, Italia o Grecia, prevista dall’Unione Europea e mai veramente attuata, proprio a seguito della catena di veti che ha preso il via da Budapest. Orbán ha chiuso le frontiere del suo Paese anche all’immigrazione diretta, quella che arrivava in Ungheria lungo la cosiddetta «rotta balcanica», quella che partiva dalla Siria per poi attraversare la Turchia, la Grecia e, appunto, la dorsale dei Balcani. Per bloccare più efficacemente i tentativi di accesso al Paese ha dato il via alla costruzione di una barriera impenetrabile lungo la frontiera con la Serbia, sollevando molti malumori in sede internazionale.

L’ammirazione per Salvini

Il decisionismo di Orbán sul fronte della lotta alla migrazione piace molto a Matteo Salvini, che non ha mai nascosto la sua ammirazione per il leader ungherese, che l’ha più volte esternata sia da leader politico sia in veste di ministro dell’Interno, pur tra qualche mal di pancia degli alleati pentastellati. La stima di Salvini è calorosamente ricambiata da Orbán: «Salvini è il mio eroe - ha detto arrivando a Milano per l’incontro con il vicepremier italiano -. È un mio compagno di destino. Sono un suo grande estimatore e ho alcune esperienze che forse potrei condividere con lui». In Italia anche la leader di FdI, Giorgia Meloni, ha più volte avuto parole di apprezzamento per l’uomo forte di Budapest.

La carriera politica

Avviato alla politica già a 15 anni, è stato segretario dei giovani comunisti nel suo liceo. Trascorsa l’adolescenza ha però via via mutato le proprie idee politiche , virando sempre più a destra. Fondatore dell’Alleanza dei giovani democratici (Fidesz, appunto) caratterizzata per un’ideologia fortemente anti-comunista, Orbán acquista peso anche all’interno dell’Unione Civica Ungherese, formazione che nasceva come liberale e progressista ma che poi Orbán, fondendola con Fidesz, ha portato su posizioni sempre più conservatrici e nazionaliste, filo-cristiane e anti-islamiche. Nonostante le posizioni sempre più estreme, Orbán e i suoi sono membri a tutti gli effetti del Partito Popolare Europeo, cosa che non ha mancato di creare imbarazzi viste le prese di posizione populiste prese spesso nei confronti della Ue e delle istituzioni comunitarie.

Quattro volte al governo

Orbán è salito la prima volta al governo nel 1998, sostenuto da una coalizione tra il suo partito, il Forum Democratico Ungherese e il Partito dei Piccoli proprietari indipendenti. Durante il suo mandato l’Ungheria è entrata a far parte della Nato, dopo un referendum popolare che aveva avallato la decisione. Nel 2002 la sua coalizione è stata sconfitta e al governo è tornato il Partito socialista ungherese in coalizione con l’Alleanza dei liberi democratici. Ma alcuni scandali interni ai socialisti e il radicamento di Fidesz nei territori, con il successo alle elezioni amministrative del 2006, lo hanno tenuto sulla breccia fino a riaprirgli le porte del governo nel 2010. E da allora non lo ha più lasciato.

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