11 aprile 2018 - 19:55

«Perché il mondo civile tace come fece con l’Olocausto? »

Il politico Lapid: «Sulla Siria tanti discorsi magniloquenti ma nessuno ha mosso un dito in sette anni. Israele ha il diritto assoluto a proteggersi»

di Yair Lapid

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Scrivo queste parole alla vigilia del Giorno della memoria in Israele, che commemoriamo ogni anno una settimana prima della nostra Festa dell’Indipendenza. È una ricorrenza che mi tocca nel profondo dell’animo. Mio padre è sopravvissuto all’Olocausto, scampato miracolosamente dal ghetto di Budapest. Mio nonno fu ucciso nel campo di concentramento di Mauthausen in Austria. Mia nonna fu assassinata ad Auschwitz, in Polonia. Allo scoppio della guerra, vivevano tutti sotto lo stesso tetto di una casa tranquilla a Novi Sad, in Serbia, finché i nazisti, accompagnati dai fascisti ungheresi, li sparpagliarono per l’Europa e li massacrarono.

Fino all’ultimo, rimasero convinti che il mondo ancora sano di mente, il mondo civile, sarebbe intervenuto per liberarli; che almeno uno dei vicini di casa, i loro vecchi compagni di scuola, si sarebbe alzato per dire: «Basta! Mi rifiuto di restare a guardare mentre vengono trucidate persone innocenti!». Non è mai successo. Il mondo civile ha vinto la guerra, è vero, ma non facciamoci illusioni, non è sceso in guerra per metter fine al genocidio degli ebrei, bensì perché temeva le mire espansionistiche di Hitler.

Un anno prima di morire, nel 2007, mio padre pronunciò il discorso principale nel Giorno della memoria dell’Olocausto. In quell’occasione disse, «Stasera, sei milioni di vittime ci parlano dalla tomba e ci dicono, Non credevamo che potesse accadere. Ci siamo affidati alla bontà del prossimo. Eravamo certi che la follia avesse i suoi limiti. Ma quando ci siamo accorti di esserci ingannati, era già troppo tardi. Non fate come abbiamo fatto noi!. Il mondo civile e illuminato ci consiglia di accettare compromessi e di assumerci anche notevoli rischi, se questo può servire alla pace. E nel Giorno della memoria dell’Olocausto noi chiediamo al mondo civile e illuminato, chiediamo a tutti coloro che alzano il dito moralizzatore: che succede se noi rischiamo la nostra vita e sacrifichiamo la nostra gente, e ci fidiamo di voi – e poi qualcosa va per il verso storto? E allora? Ci chiederete scusa, ci direte che vi siete sbagliati? Ci spedirete i soccorsi umanitari? Aprirete gli orfanatrofi per i bambini scampati agli eccidi? Pregherete per la nostra anima?».

Sono passati undici anni e quel messaggio è valido ancora oggi. In Siria si uccidono i bambini con le armi chimiche e in Europa si pubblicano articoli indignati, si fanno discorsi magniloquenti, ma nessuno ha mosso un dito negli ultimi sette anni. Mentre scrivo, non è ancora chiaro se, e fino a che punto, gli Stati Uniti reagiranno, ma anche quello sarà troppo poco e troppo tardi. Israele ha passato gli ultimi sette anni a mettere in atto iniziative umanitarie efficaci, di cui però si sa ben poco: noi andiamo a prendere i feriti in Siria, specie i bambini, e li curiamo nei nostri ospedali.

Nello stesso momento a Gaza i capi di Hamas, un’organizzazione terroristica sanguinaria, si servono dei civili per tentare di far breccia in territorio israeliano e sferrare attacchi. È innegabilmente un doppio crimine. Contro Israele e contro la loro stessa popolazione. E su questo l’Europa non solo tace, ma anziché condannare gli aggressori, condanna gli aggrediti. Talvolta è difficile decidere che cosa sia peggio, il silenzio sulla Siria o il rifiuto completo di capire ciò che sta accadendo a Gaza.

Voglio presumere – malgrado tutte le prove storiche in senso contrario – che ci siano abbastanza persone in Europa che hanno imparato le lezioni del passato, che capiscono che devono sforzarsi di capire ciò che sta realmente accadendo e quali sono i fatti, prima di emettere le loro opinioni. Non è nemmeno tanto complicato. Chiunque abbia trascorso più di 30 secondi nel ponderare la situazione di Gaza riesce ad afferrare la realtà. Prendete questi 30 secondi.

Nel 2005 Israele ha lasciato la striscia di Gaza. Tutti i soldati sono stati ritirati, gli insediamenti distrutti, ma circa 3000 serre sono rimaste intatte, in modo che i palestinesi potessero ricostruire da soli la loro economia. E che hanno fatto invece? Hanno eletto Hamas, un’organizzazione terroristica nel cui statuto si leggono ben 13 appelli alla totale distruzione dello stato ebraico. Le serre sono state demolite e al loro posto sono stati allestiti campi di addestramento per la jihad islamica e scavati tunnel segreti per attaccare Israele. Nell’ultimo decennio, Hamas ha lanciato più di quindicimila razzi in territorio israeliano.

Abbiamo ancora qualche secondo di tempo per spiegare gli avvenimenti delle ultime settimane. Ecco che cosa è accaduto: Hamas sta spingendo migliaia di persone verso le barriere lungo il confine con Israele, in quelle che possono sembrare marce e manifestazioni di protesta della popolazione civile. Ma mescolati ai cittadini si nascondono i terroristi, che lanciano ordigni esplosivi e tentano di forzare il varco per passare in territorio israeliano e compiervi atti terroristici. Israele non lo consentirà. Esiste forse una sola nazione sovrana al mondo disposta a lasciar entrare nel suo territorio centinaia di terroristi? Esiste forse un solo Paese che non farebbe ricorso alla forza militare per impedire questa aggressione? Certo che no.

I miei trenta secondi sono esauriti, ma le sorprese non finiscono qui. Perché l’Europa continua a tacere sulla Siria e a ignorare gli scontri di Gaza? Vorrei suggerire un collegamento tra i due eventi. Il mondo sa che il regime di Assad, con il sostengo dell’Iran e di Hezbollah, non presterà ascolto alle sue ammonizioni. I valori occidentali e democratici sono per costoro fonte di infinita ilarità. Israele, invece, prende molto sul serio il suo ruolo di unica democrazia occidentale in Medio Oriente. Noi rispettiamo i diritti umani, la legge internazionale, il dialogo con l’Occidente. Noi sappiamo ascoltare. L’Europa, invece, ha preferito la convenienza e, anziché dare la caccia agli assassini, si mette la coscienza in pace rivolgendosi esclusivamente a coloro che sono disposti a darle retta.

Israele non è disposto a nessun compromesso sulla sua sicurezza: noi abbiamo il diritto assoluto a proteggere noi stessi. Se i nostri amici vogliono essere presi sul serio, dovranno prendere atto della reale situazione. Ma dovranno fare anche un’altra cosa: intervenire in Siria.

(Trad. di Rita Baldassarre)

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