24 aprile 2018 - 01:47

Alfie Evans resiste al distacco del respiratore. La madre: «Riattaccati ossigeno e acqua»| La malattia misteriosa | Le proteste

La Farnesina ha concesso la cittadinanza al piccolo, affetto da una malattia degenerativa misteriosa. Alle 16:30 nuova udienza sul suo caso

di Luigi Ippolito, corrispondente da Londra

Manifestazione di fronte all’ospedale Alder Hey di Liverpool (Afp) Manifestazione di fronte all’ospedale Alder Hey di Liverpool (Afp)
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È una vicenda che ripercorre quella del piccolo Charlie Gard, che l’anno scorso aveva diviso le opinioni pubbliche in Gran Bretagna come in Italia: anche in questo caso c’è un bambino gravemente malato, Alfie Evans, conteso fra le speranze dei genitori, che vorrebbero dargli un’ultima possibilità, e la decisione dei medici dell’ospedale in cui è ricoverato, che ritengono più opportuno staccare la spina. Teatro del dramma è lo Alder Hey Children’s Hospital di Liverpool, dove ieri mattina si sono vissuti momenti di tensione: alla notizia che anche l’ultimo ricorso dei genitori era stato respinto dalla Corte europea per i diritti umani, e che dunque la procedura di sospensione delle cure stava per essere messa in atto, un gruppo di manifestanti ha tentato di dare l’assalto alla clinica e ha costretto la polizia a intervenire. «Alfie ha respirato da solo per 11 ore! Sta prendendo acqua e ossigeno! Ha dimostrato che questi dottori si sbagliano!», ha scritto ieri Kate James, la madre del piccolo in un post su Instagram, accompagnato da due fotografie del piccolo senza le cannule per l’ossigeno. La macchina per la ventilazione respiratoria è stata staccata ieri sera, all’incirca alle 22.30 ora inglese, dopo una giornata densa di polemiche e contatti diplomatici. Eppure il bambino ha continuato a respirare autonomamente per ore, fino alla decisione — annunciata dai genitori — di riattaccare le macchine. Per le 16:30 di oggi, a sorpresa, il giudice d’appello dell’Alta Corte britannica Anthony Hayden — firmatario nei giorni scorsi del verdetto di via libera a staccare la spina al piccolo — ha fissato una nuova udienza.

Equipe Bambino Gesù: «Pronti a partire»

Intanto, l’ospedale di Liverpool ha fatto sapere su Twitter che non rilascerà aggiornamenti in merito alle condizioni di salute del bambino «per rispetto della sua privacy e quella della sua famiglia». La struttura, il cui sito web stamane è inagibile, rassicura i pazienti che «i lavori proseguono regolarmente e, nonostante la presenza della polizia, la situazione è calma». La direzione sanitaria invita per tutta la giornata a ricorrere al pronto soccorso «solo in caso di effettiva necessità». Dall’Italia arriva poi la conferma che «l’Equipe del Bambino Gesù è pronta per partire con un aereo fornito dal ministro Pinotti», per portare il piccolo presso la struttura romana. «Ho parlato poco fa con Thomas, il padre di Alfie. In questo momento ha la mascherina per l’ossigeno però c’è bisogno di trasportarlo. La situazione va risolta in pochi minuti», ha chiarito la presidente dell’ospedale della Santa Sede, Mariella Enoc.

La cittadinanza italiana e la «resistenza» di Alfie

In un tentativo in extremis di fermare i medici, il governo italiano ha ieri concesso la cittadinanza al piccolo: i genitori di Alfie chiedono infatti di poterlo trasferire a Roma, all’ospedale vaticano del Bambino Gesù, per continuare le cure. Cure che ieri sera sono state interrotte, senza però condurre Alfie alla morte: il piccolo infatti ha ripreso a respirare autonomamente, finché i medici non hanno optato per riattaccarlo al respiratore.

La malattia e la battaglia legale

La triste vicenda aveva avuto inizio a dicembre del 2016, quando il bambino, nato il 9 maggio di quell’anno, era stato ricoverato in seguito a ripetute convulsioni: i medici avevano diagnosticato una malattia neurologica degenerativa e da allora il piccolo è rimasto in terapia intensiva, in uno stato semi-vegetativo. Nel dicembre scorso l’ospedale di Liverpool si è rivolto a una Alta Corte per chiedere di poter sospendere le cure: secondo i medici, gli esami mostrano una «catastrofica degradazione del tessuto cerebrale» e proseguire il trattamento sarebbe non soltanto «futile» ma anche «inumano». I genitori chiedono il permesso di trasferire Alfie a Roma, ma il tribunale dà ragione ai medici sentenziando che il piccolo ha bisogno di «pace, quiete e riservatezza». Tom e Kate, il padre e la madre di Alfie, portano il caso davanti a una Corte d’Appello, ma vengono sconfitti. E lo stesso succede davanti alla Corte suprema. Si rivolgono alla Corte europea per i diritti umani, che tuttavia giudica il ricorso «inammissibile». Il 16 aprile i legali dei genitori tentano una nuova strada, sostenendo che il bambino è «detenuto illegalmente»: ma vengono nuovamente respinti sia dalla Corte d’Appello che dalla Corte suprema. Il 18 Tom Evans vola a Roma per chiedere al Papa di «salvare suo figlio», ma ieri la Corte europea rifiuta per l’ultima volta di intervenire nel caso, dando di fatto il via libera alla sospensione delle cure. C’è però da dire che la vicenda ha avuto scarsa risonanza in Gran Bretagna: ieri i telegiornali hanno ignorato il dramma, concentrati com’erano sull’arrivo del «royal baby». Solo di fronte all’ospedale staziona da giorni qualche centinaio di dimostranti.

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