25 aprile 2018 - 17:30

Macron al Congresso Usa: «No a isolazionismo, lavoriamo sul clima»

Diverse standing ovation per il discorso del presidente francese al Parlamento americano, che ha criticato Trump: «Gli Stati Uniti recuperino multilateralismo. Non c’è un pianeta B. Sbagliato cancellare l’accordo con l’Iran senza averne uno nuovo»

di Giuseppe Sarcina, corrispondente da Washington

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Emmanuel Macron comincia con grande cautela, davanti al Congresso e in diretta televisiva. I richiami alla storia comune, alla «lunga amicizia» che parte da Voltaire e John Adams, da La Fayette e George Washington: «Queste sono le fondamenta della nostra relazione speciale».

19 «standing ovation»

Ma a metà del discorso, dopo aver incassato già una ventina di applausi (alla fine saranno 45, di cui 19 «standing ovation»), il presidente francese si libera della retorica e offre la sua proposta politica in modo netto. «Possiamo scegliere l’isolazionismo, il nazionalismo. Possiamo chiudere le porte davanti al mondo, ma questo non fermerà l’evoluzione del mondo stesso. Oppure possiamo decidere di tenere gli occhi bene aperti e di affrontare insieme, di costruire insieme il nuovo ordine del XXI secolo».

Trump citato due volte

Macron cita un paio di volte Trump per ringraziarlo. Ma non è venuto qui per nascondere le differenze. Anzi, il podio della Camera dei rappresentanti, davanti ai senatori e ai deputati riuniti in seduta comune, davanti al Segretario al Tesoro, Steven Mnuchin, si rivela il luogo perfetto per spiegare in modo compiuto un pensiero, senza le battute, le interferenze, il protagonismo di Trump.

«Multilateralismo forte»

Macron chiede agli Stati Uniti di non rinunciare al ruolo internazionale che ricoprono dalla fine della Seconda Guerra mondiale. «Siete voi che avete inventato il multilateralismo, tocca a voi preservarlo e reinventarlo». È la formula della cooperazione con gli alleati, del negoziato con gli avversari. «Un multilateralismo forte», adeguato «alle nuove sfide».

Tre grandi temi

Il leader francese indica tre grandi temi. Parte dal commercio: «Non abbiamo bisogno di una guerra commerciale che distrugge i posti di lavoro, alimenta l’inflazione e danneggia la classe media (e più avanti dirà che “la classe media è la spina dorsale della democrazia”)». C’è «comprensione» per le rivendicazioni di Trump, «ma gli squilibri e i contenziosi vanno discussi al Wto (l’organizzazione mondiale del commercio). Siamo noi che abbiamo scritto queste regole, tocca a noi dar loro valore».

Cambiamento climatico

Poi il passaggio forse più delicato, sul «climate change». Trump si è ritirato dal Protocollo di Parigi, concordato praticamente da tutto il resto del mondo. Macron: «Possiamo avere dei disaccordi, capita in tutte le famiglie. Ma dobbiamo continuare a lavorare insieme. Capisco la preoccupazione di non voler danneggiare l’economia, ma possiamo trovare una transizione più morbida per le produzioni legate al carbone». Questa volta si alzano ad applaudire solo i democratici.

L’Iran

Ed ecco l’Iran. Qui l’ospite ripete la sua idea di un accordo sul nucleare più ampio rispetto a quello firmato nel 2015 da Stati Uniti, Cina, Russia, Francia, Gran Bretagna e Germania. «Ragioniamo su quattro pilastri: vincoli sull’atomica anche dopo il 2025; controlli sul programma di missili balistici; contenimento dell’influenza iraniana nel Medio Oriente; accordo sulla Siria». I battimani più forti arrivano quando Macron sintetizza: «L’Iran non avrà l’atomica fra cinque anni o fra 10 anni. Non l’avrà mai».

«Amici come ai tempi di De Gaulle»

Sul resto, il percorso è lineare: Francia (ed Europa) condividono la minaccia «delle fake news» che vogliono destabilizzare la democrazia. Così come c’è piena intesa sulla Corea del Nord. Chiusura con un riferimento a Charles De Gaulle, l’ultimo presidente francese ad aver parlato dalla tribuna del Congresso: «Era il 1960, esattamente 58 anni fa. Voglio dirvi che la nostra amicizia nei vostri confronti è rimasta intatta, con la stessa intensità. È il momento del coraggio, delle scelte difficili. Insieme le nostre democrazie vinceranno».

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