12 dicembre 2018 - 05:17

La caccia alla rete internazionale
Indagine estesa anche all’Italia

I precedenti degli algerini di Al Qaeda e di Anis Amri

di Giovanni Bianconi

La caccia alla rete internazionale Indagine estesa anche all’Italia
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Il servizio antiterrorismo della Polizia di prevenzione ieri sera ha immediatamente attivato i contatti con le autorità francesi per conoscere l’identità dell’attentatore (o degli attentatori) di Strasburgo e accertare se il nome (o i nomi) porta a qualche collegamento con l’Italia. Se ha lasciato tracce da cui si possa risalire a eventuali contatti, amicizie, complicità. È successo in altre occasioni, potrebbe essere accaduto anche stavolta.

Già nel 2000, quando un gruppo di algerini affiliati ad Al Qaeda fu bloccato a Francoforte perché sospettato di organizzare un attentato proprio a Strasburgo, con l’obiettivo di colpire i mercatini natalizi e la cattedrale, si scoprì che i tre fermati avevano rapporti con un connazionale che stava a Milano e coltivava le stesse ambizioni jihadiste. Sono fatti di 18 anni fa, da allora è cambiato il tipo di minaccia e sono mutate le organizzazioni, ma l’esistenza di un circuito transnazionale che tocca anche la Penisola (spesso il primo approdo per persone già radicalizzate o sensibili alla propaganda) è rimasta una costante. Anche nell’era dell’Isis, dei reclutamenti telematici e dei «lupi solitari».

In altre occasioni, da Marsiglia a Londra fino ad Anis Amri, l’attentatore che il 19 dicembre 2016 insanguinò Berlino, i terroristi erano transitati dall’Italia, dove avevano potuto contare su amicizie, appoggi e complicità, più o meno consapevoli. L’attività investigativa e di intelligence, fondata anche sulla collaborazione internazionale (e che di essa ha assoluto bisogno, più di quanto non si sia riusciti a realizzarla finora) è servita in passato e servirà anche in questa occasione per individuare l’eventuale rete di sostegno e altri progetti terroristici — se esistono — connessi a quelli realizzati.

L’emergenza, in Italia come nel resto d’Europa, non è cessata perché da qualche tempo non si sono registrati kamikaze in azione. Anzi, il periodo di quiete poteva significare che qualcosa fosse in preparazione, e dunque gli apparati di sicurezza erano già impegnati a individuare e intercettare eventuali trame. Soprattutto in vista del Natale, appuntamento particolare per la religione cattolica e la cultura occidentale in generale, e dunque l’occasione per gli estremisti islamici per colpire in maniera più eclatante e ridondante. Nei prossimi giorni si terrà a Roma una riunione straordinaria del Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica che dovrà analizzare la situazione proprio in vista delle festività; un vertice fissato da tempo, prima dei fatti di Strasburgo, nel quale la Polizia di prevenzione metterà ancora l’accento sulla propaganda jihadista che continua ad incitare i miliziani o aspiranti tali a colpire nella capitale d’Italia simbolo della cristianità.

Non a caso, per l’intera giornata di ieri, l’Antiterrorismo ha lavorato su un episodio avvenuto a Roma che probabilmente non era un attentato. Ma poteva esserlo. Un uomo di origine marocchina è stato sorpreso mentre versava liquido infiammabile sulla ruota di un mezzo blindato dell’Esercito di guardia in via di Porta Angelico, all’ingresso del Vaticano. Gli accertamenti hanno permesso di verificare che con ogni probabilità si è trattato solo del gesto di uno squilibrato, ma proprio l’imminenza del Natale e l’attitudine ormai quasi automatica a non tralasciare alcun indizio ha fatto scattare i controlli al massimo livello.

Che sia terra di passaggio per i soldati sparpagliati sul continente o il Paese in cui i terroristi vogliono colpire, l’Italia non è estranea alla guerra dichiarata dall’Isis e dalle altre frange del radicalismo islamista. La risposta è anche nell’attività giudiziaria che viene sfruttata pure — e soprattutto — in chiave preventiva, grazie all’introduzione di nuovi reati che consentono ai magistrati di intervenire anche solo di fronte al sospetto di progettazione di attentati. Le recenti operazioni coordinate dalle Procure di l’Aquila e di Cagliari, con gli arresti di un egiziano e di un palestinese che forse avevano intenzione di compiere qualche azione, ne sono la dimostrazione.

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