2 giugno 2018 - 09:46

Perché Trump sui dazi grazia la Cina

Gli Usa hanno bisogno dell’appoggio o anche solo del non boicottaggio di Pechino nel dossier nordcoreano

di Guido Santevecchi, corrispodente da Pechino

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Terzo round del confronto commerciale tra Stati Uniti e Cina. A Pechino arriva oggi il segretario al tesoro americano Wilbur Ross, che è stato preceduto a metà settimana da una squadra di 50 funzionari già impegnati nei negoziati con i cinesi. L’obiettivo è di evitare la guerra commerciale, al momento congelata (più o meno) tra le due superpotenze dell’economia globalizzata. L’ultima mossa di Donald Trump è stata la minaccia di dazi su 50 miliardi di dollari di merci cinesi per punire la sistematica violazione della proprietà intellettuale da parte di Pechino. In questa fase Trump non sembra però potersi impegnare in uno scontro frontale con Xi Jinping, perché ha bisogno dell’appoggio o anche solo del non boicottaggio della Cina nel dossier nordcoreano.

«Xi è un giocatore di poker di classe mondiale», ha ammesso il presidente, che così si è intenerito per il destino dei 70 mila dipendenti del colosso cinese Zte delle telecomunicazioni, impegnandosi a salvarlo dalle sanzioni americane imposte per aver violato l’embargo nei confronti di Iran e Nord Corea.

Casualmente (per chi crede nelle coincidenze) contemporaneamente Ivanka Trump ha ottenuto in un colpo solo la registrazione di 13 suoi marchi da Pechino.

La tregua però è tutt’altro che stabile e il conflitto commerciale Usa-Cina potrebbe esplodere e alimentarsi con altre rivendicazioni politiche, dalla militarizzazione delle isole nel Mar cinese meridionale alla questione di Taiwan, dove il 12 giugno (lo stesso giorno del possibile vertice Trump-Kim a Singapore) gli Stati Uniti inaugureranno il loro nuovo American Institute da 250 milioni di dollari: un surrogato di ambasciata nonostante la politica «Una sola Cina» in base alla quale Washington ha pieni rapporti diplomatici con Pechino e non con Taipei. Difficile mantenere una sola linea lucidamente ispirata dall’interesse economico. La prova? Washington con i dazi su acciaio e alluminio punisce gli alleati europei e occidentali, ma grazia l’avversario cinese

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