2 giugno 2018 - 12:49

Scuola e sanità gratuite: il Kerala modello di svolta

Un massiccio intervento sociale quando era ancora poverissimo, ora è tra gli stati indiani con crescita del Pil più alta e sviluppo demografico più equilibrato. Roney Simon: «Chi di noi vive all’estero è diventato un migrante qualificato»

di Alessandra Muglia

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E se la strada per disinnescare quel che resta della temuta «bomba demografica» arrivasse nientemeno che da uno stato indiano? Dal Kerala e la sua capitale, Trivandrum, chiamata dal Mahatma Gandhi «la città sempreverde dell’India». Sembra un paradosso visto che proprio l’India tra pochi anni — sei prevede l’Onu — diventerà il Paese più popoloso del mondo, strappando il primato plurimillenario alla Cina.

Se nel mondo sviluppato i figli sono diventati quasi un privilegio e la sfida è far risalire la natalità scesa in modo preoccupante sotto il «livello di sostituzione» (il numero minimo di figli che una coppia deve avere per garantire che la popolazione resti costante: 2,1), sono gli alti tassi di fecondità dei Paesi poveri ad allarmare molti demografi: per esempio nell’Africa Subsahariana la media è di 5,4 figli per donna, e se anche scendesse a 2,7 nel 2050 gli abitanti di quella zona raddoppierebbero.

Questa parte di mondo potrebbe ispirarsi al Kerala: una striscia di terra nella parte meridionale del Subcontinente, 600 chilometri affacciati a ovest sul Mare d’Arabia, con 34 milioni di abitanti e un tasso di 1,7 figli per donna. La crescita demografica su 10 anni qui si è fermata al 9,8%, meno della metà della media indiana (21,3%).

Ma il contraccettivo più potente in Kerala non sono state le sterilizzazioni forzate avviate su larga scala in India negli anni 70 dalla lady di ferro Indira Gandhi che con le leggi di emergenza impose questa pratica disumana a tappeto tra le classi più povere (19 milioni le persone operate in due anni). Una pratica incentivata nel tempo con sussidi e privilegi economici dai governi che non ha dato però i risultati sperati. «Il contraccettivo più potente in Kerala si è rivelato lo sviluppo sociale innescato da scuole e sanità gratuite per tutti» conferma al Corriere Roney Simon, che qui è nato 58 anni fa e da 14 rappresenta in Italia la Ficci, la Confindustria indiana.

In Kerala, ultimo bastione rosso in un Paese sempre più color zafferano (quello dei nazionalisti indù al potere a New Delhi), e a più alta concentrazione di cattolici (sono il 20% della popolazione, dieci volte tanto che altrove), gli indicatori di sviluppo umano sono i migliori in India e stanno al passo con quelli dei paesi avanzati: è il più istruito (94% di alfabetizzati contro la media nazionale del 74%), con il più alto indice di scolarizzazione femminile (92% contro la media indiana del 65%), e una aspettativa di vita superiore di 10 anni rispetto alla media nazionale ferma a 65,5 anni.

Soprattutto, nel Paese degli aborti selettivi contro le femmine, il Kerala è l’unico stato indiano dove le donne sono più numerose degli uomini: 1084 ogni 1000 maschi contro la media nazionale di 940. Uno stato «women friendly», dove c’è maggiore parità tra uomo e donna, le ragazze vanno a scuola e quindi si sposano più tardi che altrove. «Emancipa le donne e loro disinnescheranno la bomba» sintetizza Simon. E ricorda tra le signore di talento originarie della sua terra Fathima Beevi, prima donna giudice della Corte Suprema indiana, designata nel 1989, oltre ad Arundhati Roy, l'autrice del Dio delle piccole cose, che qui è ambientato.

La cosa più interessante del modello Kerala è che sia riuscito a estendere a tutti istruzione elementare e assistenza sanitaria quando era ancora poverissimo: soltanto dopo, dal 2000, con l’apporto di una forza lavoro più istruita e più sana, è stato in grado di svilupparsi più velocemente anche dal punto di vista economico. Per questo il suo modello di sviluppo potrebbe rivelarsi calzante in quei Paesi africani che stanno cercando di stabilizzare la propria popolazione ma anche, e soprattutto, di combattere la povertà. Il concetto di sovrappopolazione è infatti controverso. Mawuna Remarque Koutonin, direttore di SiliconAfrica.com, lo definisce una frode, un’ideologia di convenienza, perché ignora l’impatto pro capite e si focalizza solo su semplici numeri: «Gli Usa, per dire, consumano il 25% delle risorse mondiali anche se vi abita solo il 5% degli abitanti».

Nell’ultimo biennio il Pil del Kerala è cresciuto del 7,4%, superando quello nazionale. Una voce importante è il turismo di lusso, tra spiagge e canali, massaggi ayurvedici e yoga. Certo il clima mite, una terra generosa e l’assenza di conflitti hanno aiutato. «Non so se sia un modello facilmente esportabile in stati più popolosi, certo la copertura universale di scuola e sanità in Kerala ha funzionato» dice al Corriere Jayati Ghosh, docente di economia alla Nehru University. Per valutare il benessere dei suoi abitanti la studiosa ha calcolato quanti familiari in media può mantenere sopra la soglia di povertà un lavoratore ed è risultato che il valore più alto spetta al Kerala: 8,5, quasi il doppio rispetto alla media nazionale di 4,6. «Questo primato riflette la quota importante delle rimesse degli emigrati» considera Gosh. Valgono centinaia di milioni di euro all’anno: perché un sesto della forza lavoro del Kerala vive all’estero, per lo più nel Golfo Persico.
«Ma soprattutto perché si tratta di lavoratori qualificati: tecnici, ingegneri, ma anche medici, infermieri e insegnanti diretti in Africa. Migranti di successo: istruiti, pronti, preparati, capaci di integrarsi nei Paesi d’approdo» precisa Roney Simon, che è uno di loro. Dopo la laurea in economia, un master in filosofia, e una breve esperienza da manager dell’Oberoi di New Delhi, Roney ha lasciato il suo Paese per l'Italia. Era il 1986, aveva 26 anni, e faceva il consulente per la Camera di Commercio di Torino. E qui è maturata la sua vocazione di «ponte» tra i due Paesi, anche come vice presidente dell’Associazione Italia-India e direttore generale della Crs Global Innovation, che fa consulenza alle aziende italiane interessate allo sviluppo del business in India e viceversa. Una parte di questi migranti di successo inizia a tornare, portando con sé una cultura più capitalista rispetto alle tradizioni del Kerala, stato rosso dal «cuore verde», tutto pannelli solari, servizi, software, cartoni animati e tecnologia e zero industria pesante. Ma Roney no, lui ormai è mezzo italiano: ha sposato una torinese.

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