21 giugno 2018 - 23:20

Papa Francesco e i migranti: «Accogliere quanti si può»

Il pontefice in viaggio da Ginevra: «L’Africa non va sfruttata. Italia e Grecia sono state generosissime»

di Gian Guido Vecchi

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DAL VOLO PAPALE — Il volo AZ4000 sta sorvolando le Alpi mentre Francesco raggiunge i giornalisti in fondo all’aereo, l’aria un po’ tirata, «è stata una giornata un po’ pesante, almeno per me, ma sono contento…». Il Papa ha passato la giornata a Ginevra per i 70 anni del Consiglio mondiale delle Chiese, un’istituzione che riunisce 345 comunità cristiane di 110 Paesi, tra luterani, riformati, anglicani metodisti, battisti, ortodossi e così via, e rappresenta circa 500 milioni di fedeli del mondo. «Non possiamo disinteressarci, e c’è da inquietarsi quando alcuni cristiani si mostrano indifferenti nei confronti di chi è disagiato. Ciascuno si deve prendere cura dei fratelli nell’unica famiglia umana», ha detto alla messa conclusiva. La rotta verso Roma è breve, ma c’è tempo di rivolgere qualche domanda. A cominciare dalla crisi dei migranti.

Papa Francesco sul volo di ritorno da Ginevra (Ap) Papa Francesco sul volo di ritorno da Ginevra (Ap)

Santità, oggi anche il segretario generale del Consiglio ecumenico ha parlato di aiuto ai rifugiati. Abbiamo visto la vicenda della nave Aquarius, la separazione delle famiglie negli Usa. Pensa che alcuni governi strumentalizzino il dramma dei rifugiati?
«Ho parlato tanto dei rifugiati e i criteri sono quelli che ho detto: accogliere, accompagnare, sistemare, integrare. Sono criteri per tutti i rifugiati. Poi ho detto che ogni Paese deve fare questo con la virtù del governo, che è la prudenza, perché un Paese deve accogliere tanti rifugiati quanto può e quanto può integrare, educare, dare lavoro…Qui stiamo vivendo un’ ondata di rifugiati che fuggono da guerre e fame. Guerra e fame in tanti paesi dell’Africa, guerre e persecuzioni nel Medio Oriente. Italia e Grecia sono state generosissime ad accogliere. Per il Medio Oriente la Turchia, rispetto alla Siria, ha ricevuto tanti rifugiati, come il Libano, la Giordania altri Paesi, anche la Spagna…C’è il problema del traffico dei migranti e c’è anche il problema, in alcuni casi, di quando devono tornare…Non conosco bene i termini dell’accordo, ma se sono nelle acque libiche devono tornare…E lì ho visto le fotografie delle carceri dei trafficanti. Separano le donne dagli uomini. Donne e bambini vanno Dio sa dove. Questo fanno i trafficanti. Conosco un caso di trafficanti che si sono avvicinati ai barconi e hanno detto: dateci le donne e i bambini, portate via i maschi. Le carceri dei trafficanti sono terribili. Nei lager della Seconda guerra mondiale si vedevano queste cose. Mutilazioni, torture, e poi li buttano nel fosse comuni. Per questo i governi si preoccupano che non tornino e cadano nelle mani di questa gente. C’è una preoccupazione mondiale, so che i governi parlano e vogliono arrivare a un accordo, modificare l’accordo di Dublino…In Spagna c’è stato il caso di questa nave che è andata a Valencia…Tutto questo disordine… Il problema delle guerre, il problema della persecuzione dei cristiani in Medio Oriente sono difficili da risolvere. Ma il problema della fame si può risolvere e tanti governi europei stanno pensando a un piano d’emergenza per investire intelligentemente in questi Paesi, per dare lavoro e educazione. Una cosa molto brutta che c’è nell’inconscio collettivo è che l’Africa va sfruttata. Questa è l’idea: sono africani, terra di schiavi. E questo deve cambiare con un piano di investimenti, di educazione, per far crescere. Perché il popolo africano ha tante ricchezze culturali e una intelligenza grande e con una buona educazione può andare oltre…Questa sarà la strada a medio termine. Ma in questo momento devono mettersi d’accordo i governi, come andare avanti con questa emergenza. Questo in Europa. In America c’è un problema migratorio grave, interno pure: nella mia patria da Nord a Sud, lasciano la campagna perché non c‘è lavoro e vanno nelle grandi città, nelle megalopoli, nelle baraccopoli. Ma c’è anche una migrazione esterna verso altri Paesi che danno lavoro. Sugli Stati Uniti io mi schiero con i vescovi di quel Paese».

Pensa sia il caso per la Chiesa cattolica di unirsi alle cosiddette «chiese della pace» e mettere da parte la dottrina della guerra giusta?
«Perché dice che ci sono chiese della pace? Lei ha messo il dito nella piaga… Oggi a pranzo un pastore ha detto che forse il primo diritto umano è il diritto alla speranza. Mi è piaciuto. Abbiamo parlato della crisi dei diritti umani, oggi. Credo dobbiamo cominciare da questo. La crisi dei diritti umani si vede chiara. Si parla un po’ di diritti umani ma tanti gruppi, alcuni Paesi, prendono le distanze. Sì, diritti umani, ma non c’è la forza, l’entusiasmo, la convinzione non dico di settanta ma di venti anni fa, e questo è grave. Dobbiamo vedere le cause. Perché siamo arrivati a questo? Al fatto che oggi i diritti umani sono relativi? Anche il diritto alla pace? C’è una crisi dei diritti umani. dobbiamo pensarci a fondo. Io credo che tutte le chiese che hanno questo spirito di pace debbano riunirsi e lavorare insieme, come abbiamo detto nei discorsi di oggi: unità per la pace. Oggi la pace è un’esigenza perché c’è il rischio di una guerra…qualcuno ha detto che la terza guerra mondiale, se si farà, sarà combattuta sappiamo con quali armi, ma se ce ne fosse una quarta si farà con i bastoni, perché l’umanità sarà distrutta. Del resto, quando si pensano ai soldi che si prendono in armamenti…La pace è il mandato di Dio: pace, fratellanza, umanità, unità, e risolvere i conflitti non come Caino ma con il negoziato. Siamo in crisi di mediazioni. Crisi di speranza, di diritti umani, di mediazioni, di pace. E poi domando: ma ci sono religioni di guerra? È difficile capire questo. È difficile. Certamente, direi in quasi tutte le religioni - anche noi cattolici ne abbiamo qualcuno - ci sono alcuni gruppi piccoli, fondamentalisti, che cercano la guerra, la distruzione, e questo è moto importante averlo sotto occhi»..

Qual è stato il momento più significativo per lei in questa giornata?
«È stata una giornata di incontri. La parola giusta della giornata è incontro. Quando uno incontra un’altra persona sente il piacere dell’incontro e questo tocca il cuore. Sono stati incontri positivi, iniziati col dialogo col presidente che è stato un dialogo di cortesia, un dialogo profondo su argomenti mondiali profondi e con una intelligenza tale che sono rimasto stupito. Poi incontri che non avete visto, a pranzo, che mi ha molto colpito per il modo di portare tanti argomenti. Forse l’argomento sul quale siamo rimasti più tempo a parlare è quello dei giovani. Tutte le confessioni sono preoccupate e il pre-Sinodo che è stato fatto a Roma dal 19 marzo in poi ha attirato tanto l’attenzione perché c’erano 315 giovani anche agnostici provenienti da tutti i Paesi. Questo ha segnato un interesse speciale. La parola che mi dà la totalità del viaggio è incontro, è stato un viaggio dell’incontro, l’esperienza dell’incontro, nessuna scortesia, un incontro umano».

Lei parla spesso di passi concreti nell’ecumenismo.I vescovi tedeschi hanno deciso di fare un passo (sulla possibilità che i coniugi “misti” cattolici-protestanti facciano la comunione insieme, ndr): come mai l’arcivescovo Ladaria, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha scritto una lettera che invece sembra frenare?
«Non è una novità, perché nel codice di diritto canonico è previsto quello di cui i vescovi tedeschi parlano: la comunione nei casi speciali. Loro parlavano del problema dei matrimoni misti. Il codice dice che il vescovo della Chiesa particolare deve decidere, la cosa è nelle sue mani. I vescovi tedeschi hanno studiato per più di un anno. E hanno proposto il documento alla Chiesa locale. Non vorrei esagerare ma lo studio è restrittivo, i vescovi volevano dire chiaramente quello che nel codice c’è già, una cosa ben pensata con spirito cristiano, e hanno voluto farlo per la chiesa locale, per la conferenza episcopale tedesca. Ma il codice prevede si esprima il vescovo, la diocesi, non la conferenza episcopale, perché una cosa approvata nella conferenza episcopale diventa universale. Questa è stato il problema, non tanto il contenuto. Ci sono stati incontri di dialogo e chiarimento e l’arcivescovo Ladaria ha inviato quel lettera ma con il mio permesso, non lo ha fatto da solo. Io ho detto: è meglio dire che documento non è maturo e bisogna studiare la cosa. C’è stata una altra riunione e alla fine studieranno la cosa. Credo che sarà un documento orientativo perché ognuno dei vescovi diocesani possa gestire quello che già il diritto canonico permette. Non c’è stata nessuna frenata, ma un reggere la cosa perché andasse sulla buona strada…Da ultimo, vorrei dire che oggi è stata una giornata ecumenica, proprio ecumenica. E a pranzo abbiamo detto una bella cosa: nel movimento ecumenico dobbiamo togliere dal dizionario una parola, “proselitismo”, chiaro? Non ci può essere ecumenismo con proselitismo. Tu devi scegliere».

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