16 maggio 2018 - 21:48

Kim minaccia gli Usa: resteremo potenza nucleare

Le condizioni di Pyongyang per vedere Trump, basta manovre con il Sud e no al «modello Libia»

di Guido Santevecchi, corrispondente da Pechino

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Che cosa c’è dietro la minaccia di Kim Jong-un di far saltare il vertice del 12 giugno con Donald Trump? Il Maresciallo sta mettendo sul tavolo le sue condizioni minime per il negoziato; ha chiarito che non è disposto a rinunciare a tutte le sue armi nucleari; ha copiato la tattica del presidente Usa che si era detto pronto ad «alzarsi e lasciare i colloqui» nel caso si dimostrassero poco utili: ora Kim sottolinea che lui a Singapore potrebbe addirittura non andarci. Ma, forse, Kim ha anche paura della forza militare americana. Ci sono alcuni punti chiari.

1) Il primo segnale da Pyongyang è arrivato martedì notte, quando ha cancellato un incontro con i sudcoreani accusando Washington e Seul di preparare un attacco preventivo con le manovre aeree appena cominciate nei cieli del Sud. Si chiamano «Max Thunder», impiegano 100 apparecchi tra caccia F-15, F-22 e anche bombardieri strategici B-52. Le esercitazioni sono di routine, ha spiegato il Pentagono. Però, muovere i bombardieri proprio nel giorno in cui i nordcoreani cominciavano a smantellare il sito nucleare di Punggye-ri e dovevano incontrarsi con i sudcoreani non è stata una mossa innocente e casuale. E subito Kim risponde che dal negoziato di pace si aspetta che le grandi manovre militari tra americani e sudcoreani cessino per sempre, e magari che in futuro il contingente Usa di 28.500 militari sia ritirato. Peraltro anche Trump sembra tentato, per ridurre i costi.

2) La minaccia di Kim può anche essere la prova che il suo potere interno non è illimitato. Deve fare i conti con i suoi generali ai quali non piace che lo sviluppo economico di pace prenda il posto della mobilitazione militare permanente.

3) Ieri mattina lungo comunicato nordcoreano diretto a Washington. Ci sono insulti personali per John Bolton, il nuovo consigliere per la Sicurezza Nazionale, definito «ripugnante». Ma poi il documento articola con chiarezza l’obiettivo: «Bolton continua a sputare fuori il “Modello Libia”. Siamo uno Stato nucleare, non la Libia che era solo allo stadio iniziale del programma, è chiaro che Bolton vorrebbe solo forzarci al disarmo per farci fare la stessa fine della Libia e dell’Iraq». Bolton era nell’amministrazione Bush quando nel 2004 Gheddafi accettò di smantellare il programma di armi di distruzione di massa. Nel 2011 il colonnello fu rovesciato e ucciso. Kim non ha dimenticato.

4) Il documento affronta il dossier atomico: «Vorrebbero la nostra denuclearizzazione completa, irreversibile e verificabile», chiedono «la totale distruzione delle armi nucleari, dei missili, dell’arsenale biochimico» in cambio «dopo», di «compensi economici». Kim invece chiede che la riduzione del suo armamentario vada di pari passo con i premi, vale a dire allentamento delle sanzioni, garanzie certe per il mantenimento del suo regime. E siccome la garanzia migliore, forse l’unica, sono le atomiche, Kim fa capire che è disposto a ridurne il numero, a consegnare i missili intercontinentali capaci di colpire gli Stati Uniti, ma non a denuclearizzare completamente.

5) Se Trump manterrà nervi saldi, il summit si farà. Certo, il presidente corre molti rischi. Ansioso di presentarsi vittorioso, a Singapore potrebbe accettare un accordo al ribasso. Il fronte anti-Trump già immagina che il presidente farà la fine di Chamberlain, il premier britannico che tornò da Monaco 1938 dopo il patto con Hitler promettendo «pace per i nostri tempi». Condannato dalla realtà e dalla Storia. Però è meglio vedere le carte del Maresciallo piuttosto che andare alla guerra.

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