21 novembre 2018 - 21:10

Kenya, le ombre del jihad sui resort e sui safari dell’ex paradiso. Silvia, l’italiana rapita nel villaggio

Il rapimento della volontaria italiana Silvia Romano tornerà a far crollare il turismo

di Francesco Battistini

Kenya, le ombre del jihad sui resort e sui safari dell’ex paradiso. Silvia, l’italiana rapita nel villaggio Miliziani Shabaab (Afp)
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La peggio gioventù o i cattivi pastori, non si scappa. Anzi: si scappa eccome. E sarà colpa loro, se adesso ricomincerà la grande fuga. Ha un bel tranquillizzare il governo di Nairobi, che dal turismo incassa il 10 per cento delle sue entrate. Che sul turismo s’è costruito un presente vendendo al mondo il passato di viaggiatrici alla Karen Blixen, scrittrice danese peraltro a lungo snobbata. Che col turismo ecosostenibile potrebbe assicurarsi un futuro per amanti della savana stile Kuki Gallmann, imprenditrice italiana peraltro presa a fucilate (qui, il ritratto di Silvia la volontaria italiana rapita in un villaggio).

Le coste

Per l’industria dei safari forse no, ma per i resort sul mare che speravano di risorgere dopo anni di relativa calma, sarà il disastro. E chiunque sia dietro il sequestro di Silvia — gli al-Shabab (la gioventù) della Somalia qaedista che non disdegnano le incursioni nei villaggi verso la costa, oppure le tribù di pastori che nelle loro transumanze non trascurano rapimenti —, chiunque abbia preso la ragazza milanese è quanto di peggio il Kenya si potesse aspettare alla vigilia della stagione vacanziera. Quattro anni fa, i jihadisti piombarono sul villaggio di Mpeketoni e ammazzarono ogni cristiano (le vittime furono 48) che non fosse in grado di recitare una sura del Corano: agli shabaab servivano altre sei ore di macchina per raggiungere le meravigliose spiagge di Malindi, ma tanto bastò a svuotarle con la velocità d’una marea.

La repressione

Per evitare i sequestri d’occidentali, rari, all’inizio del 2010 il governo kenyano mandò le truppe fino in Somalia e qualcosa ottenne, per tamponare l’emergenza nel più grande campo profughi del mondo (Dadaab, 500mila persone) e le incursioni dei 10mila “giovani” terroristi che non hanno mai giurato fedeltà all’Isis, preferendo i vecchi e simili sistemi d’Al Qaeda. Nairobi, dove regna una classe politica corrotta che campa di consenso dei capitribù, non ha mai usato la stessa mano pesante coi bracconieri e i pastori assassini, altri indiziati del sequestro. Chissà se ora si darà una sveglia, minacciata nel portafogli. «Kenya: prezzi strepitosamente bassi», promettono le locandine delle agenzie di viaggio: bassissimi, mentre s’avvicina il Capodanno dell’anno zero del turismo.

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