16 ottobre 2018 - 21:11

Alcol, soldi e abusi del «Clero» (il film che gela la Polonia)

Due milioni di spettatori in una settimana, tra gli appelli al boicottaggio

di Maria Serena Natale

Alcol, soldi e abusi del «Clero» (il film che gela la Polonia)
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Vodka, violenza, denaro e potere. Il dramma gelido che fa rabbrividire la Polonia s’intitola Kler, Clero, e ricostruisce la storia di tre uomini di Chiesa tra abusi e corruzione. Racconta di pedofilia, aborti, sacramenti a pagamento: diagnosi spietata di una disintegrazione morale che colpisce il Paese al cuore. Due milioni di spettatori solo nella prima settimana dopo il lancio dello scorso 28 settembre, un record assoluto.

Politica, società civile, gli stessi ambienti religiosi si dividono tra chi plaude al coraggio dell’affermato regista Wojciech Smarzowski per aver finalmente denunciato complicità e silenzi sugli abusi e chi lo accusa di tradimento per un film «anticlericale, anticattolico e antipolacco» che manipola ideologicamente la realtà. «Odiosa propaganda, come le pellicole naziste sugli ebrei», denuncia il capo dell’Ufficio di sicurezza nazionale della presidenza della Repubblica Pawel Soloch. «Chi ama Dio e la patria si opponga alla distruzione dei nostri valori nazionali» è l’appello al boicottaggio lanciato da un’associazione di giornalisti cattolici. Nei cinema di Ostroleka, cittadina di 50 mila abitanti nel Nord-Est, la programmazione è stata vietata. Al contrario i multisala della laica Breslavia sono arrivati a 22 proiezioni al giorno.

Premio di critica e pubblico al Festival cinematografico di Gdynia, Kler è stato realizzato in Repubblica Ceca per aggirare le difficoltà di ottenere i permessi in Polonia. Esce in coincidenza con un caso giudiziario che ha turbato il Paese e portato alcuni vescovi a chiedere perdono per le colpe della Chiesa, in un processo di elaborazione collettiva che parte in ritardo rispetto al resto dell’Europa cattolica. La Corte d’appello di Poznan ha appena condannato la «Società dei Padri di Cristo» a versare un milione di zloty (oltre 230 mila euro) e una compensazione mensile a una donna che a 13 anni fu rapita e abusata da un prete oggi 42enne, arrestato nel 2008, condannato per pedofilia ed espulso dall’ordine solo nel 2017. Ora i legali dei religiosi sono pronti a rivolgersi alla Corte Suprema e lì il caso diventerà un importante test dopo la sostituzione di decine di giudici, come previsto dalla riforma del tribunale voluta a tutti i costi dall’esecutivo e condannata dalla Ue.

La religione è da sempre per la Polonia pilastro dell’identità nazionale e forza storica di opposizione all’oppressore. Nel dibattito su Kler s’intrecciano le lacerazioni di un Paese dove l’85% della popolazione si dichiara cattolico e la secolarizzazione incontra la resistenza dei settori più tradizionalisti, bacino di consensi per il partito di governo nazional-populista di Jaroslaw Kaczynski, tornato al potere nel 2015 e aspramente contestato dalle forze progressiste che si riorganizzano in vista delle prossime elezioni. L’opera di Smarzowski s’inserisce in questo clima di estrema polarizzazione. Su iniziativa del settimanale conservatore Gazeta Polska, in diverse città sono comparsi cartelloni con la locandina del film e i volti di padre Jerzy Popieluszko, massacrato dai servizi di sicurezza comunisti nel 1984, e Maximilian Kolbe, il prete francescano che si offrì di sostituire un prigioniero nel «bunker della fame» di Auschwitz e fu ucciso con un’iniezione di acido fenico nel 1941. Per la critica «Kler è il film che segna definitivamente i trent’anni di cinema polacco dopo la caduta del comunismo».

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