30 ottobre 2018 - 21:05

Sbarco nella Norvegia occupata
Così gli alleati «giocano» alla guerra

È la più vasta esercitazione Nato dalla fine dell’Urss. Mosca «risponde» coi missili in mare

di Maurizio Caprara, inviato a Byneset (Norvegia)

Sbarco nella Norvegia occupata Così gli alleati «giocano» alla guerra
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A intermittenza, la collina che affaccia sul mare si trova sovrastata dal rombo di cacciabombardieri. Gli aerei passano veloci e lanciano bombe che fanno innalzare fumi neri dai campi arati. Tre mezzi da sbarco si avvicinano alla costa, un elicottero li precede. Appena i soldati raggiungono il bagnasciuga, un crepitare di armi da fuoco che era sporadico diventa a tratti sottofondo. Il silenzio residuo viene graffiato dal cielo, poi scosso. Sono altre bombe. Dopo, due aerei con capacità di decollo simile a quello degli elicotteri caricano i primi feriti. I soldati avanzano, intanto da dietro un bosco spuntano carri armati.

La Norvegia è stata invasa da qualche giorno e questo è un tentativo di liberarla. Ma se non lo sapevate è soltanto perché non è vero. O meglio, si tratta di un’esercitazione. Si chiama «Trident Juncture 2018» ed è la più vasta compiuta dalla Nato da quando nel 1991 smise di esistere l’Unione Sovietica. Coinvolge circa 50 mila tra militari, 250 aerei, 65 navi e diecimila veicoli. È in corso dal 25 ottobre con la partecipazione dei 29 membri dell’Alleanza Atlantica (compresa l’Italia che tuttavia in pubblico non ha ambito a comparire in primissima fila) più Svezia e Finlandia. Manovre come quelle di Byneset, nel fiordo di Trondheim, descritte poche righe fa continueranno fino al 7 novembre.

Pur non essendo guerra vera, e benché ufficialmente non si indichi nella Russia il potenziale invasore, il problema è che lo scenario è verosimile. Tant’è che Mosca, a esercitazioni Nato in corso, da domani a sabato risponderà lanciando missili davanti alla Norvegia, seppure in acque internazionali. Sarà un’altra simulazione. Non un gioco, però. Anche se ieri il segretario generale della Nato, il norvegese Jens Stoltenberg, presentando le esercitazioni ad alcuni giornalisti diceva dei test missilistici ordinati da Mosca: «Ce li hanno notificati. Mi aspetto che la Russia si comporti in modo professionale. Noi seguiremo i loro movimenti da vicino, ma sono sicuro che si muoveranno in maniera responsabile».

Malgrado le prudenze nelle prese di posizione alleate, resta sottilmente inquietante quanto sta accadendo nell’Europa settentrionale e orientale. Soprattutto se si tiene presente che cosa è accaduto prima. Nel 2014 la Russia si è annessa la Crimea togliendola all’Ucraina. La guerra di allora e focolai ancora accesi hanno causato circa diecimila morti, tra ucraini e filorussi. Nel settembre scorso la Russia ha compiuto le esercitazioni più imponenti della propria storia: «Vostok 2018», oltre 300 mila militari più 3.200 cinesi a alcuni mongoli. Raggi d’azione, dalla Siberia all’Estremo Oriente, dal Pacifico all’Artico. E nell’Artico la presenza delle forze di Vladimir Putin è in aumento. Gli Stati Uniti il 19 ottobre hanno reagito mandando nel circolo polare la Harry Truman, la prima loro portaerei a tornare lì dopo il 1991.

Per «Trident Juncture» molti soldati stranieri sono venuti in Norvegia via terra. Al di là della facciata, le esercitazioni militari servono per lo più a sperimentare procedure e modi di intendersi tra i comandi alleati. Ma questa volta era importante provare davvero quanto veloce sarebbe, in caso di necessità, il trasferimento massiccio di truppe.

«Le azioni della Nato sul fianco orientale, nei territori dei suoi Stati, si possono descrivere come creazione di un potenziale militare in grado di proiettare la forza in direzione della Russia», ha dichiarato lunedì il viceministro degli Esteri russo Alexander Grushko. «Molto preoccupante» ha definito la situazione attuale, una fase nella quale la Nato ha aumentato le attività verso Est dopo la ferita subita dall’Ucraina.

Stoltenberg ha sostenuto che l’esercitazione in Norvegia, programmata da tempo, «è difensiva» e serve a «mandare un messaggio agli alleati e a chi li sfidasse: la Nato è pronta a difendere ogni alleato da ogni minaccia». Lo scenario è l’applicazione dell’articolo 5 del trattato dell’Alleanza Atlantica, se un Paese membro è attaccato, si reagisce come se l’attacco fosse contro tutti.

Nella simulazione, le azioni sono controllate con sistemi satellitari e coordinate in asettiche sale operative. È un modo di fare la guerra in era di rivoluzione tecnologica: si impiegano barche senza pilota capaci di sparare e far saltare mine, telecamere volanti grandi quanto una rondine, micro-elicotteri telecomandati per sorveglianza. Se tra Russia e Nato tutto questo rimarrà solo finzione è uno dei principali esami per l’epoca nella quale viviamo.

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