11 settembre 2018 - 12:29

Francia, arabo a scuola e tassa halal per integrare musulmani

Un rapporto e una proposta sul tavolo del presidente Emmanuel Macron per arginare la deriva estremista salafita

di Stefano Montefiori, corrispondente da Parigi

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Un nuovo rapporto dell’Institut Montaigne, think tank vicino a Emmanuel Macron, affronta la questione dell’Islam in Francia offrendo al presidente alcune proposte che costituiranno probabilmente il cuore del piano governativo atteso entro l’inizio del 2019. Il ricercatore Hakim El Karoui, autore dello studio, sottolinea che l’islam salafita ed estremista, poco compatibile con le istituzioni repubblicane, è in crescita su Internet ed è ormai dominante sui social media. Per contrastarlo, El Karoui suggerisce di rilanciare l’apprendimento della lingua araba nelle scuole pubbliche e di istituire una tassa sui prodotti halal.

Il rapporto intitolato «La fabbrica dell’Islam» torna a raccomandare, come altre volte in passato, la creazione di una «Associazione musulmana per l’Islam di Francia» (Amif) che dovrebbe essere composta da personalità indipendenti, e sarebbe incaricata di organizzare il culto musulmano soprattutto per quanto riguarda i finanziamenti. «Oggi in Francia circolano molti soldi legati all’Islam - si legge nel rapporto -: le donazioni, il pellegrinaggio alla Mecca, il mercato dei cibi halal costituiscono un’economia dell’Islam importante ma male organizzata e totalmente priva di regole».

El Karoui suggerisce allora che la futura associazione Amif «possa prelevare piccole somme su ogni atto di consumo islamico e reinvestire questo denaro al servizio dell’interesse generale, dei musulmani e della Francia». Questo tipo di prelievo è già in vigore nella comunità ebraica, «la tassa di cacherout», gestita dai rabbini che la usano per certificare i prodotti kasher ovvero conformi alla tradizioni ebraica, ha precisato El Karoui.

Per evitare che la lingua araba venga totalmente lasciata ai predicatori online e alle moschee preda del proselitismo salafita, il rapporto chiede che il ministero dell’Istruzione promuova l’insegnamento e l’apprendimento dell’arabo nelle scuole. «I corsi di arabo nelle moschee sono diventati per gli islamisti il modo migliore per attirare i giovani». Questo è una delle raccomandazioni più delicate del rapporto, e che ha generato le maggiori polemiche. L’intento è arginare l’espansionismo dell’Islam radicale, ma l’estrema destra e altre voci che difendono con vigore la laicità, anche a sinistra, temono che l’arabo nelle scuole sia un cedimento verso l’Islam e verso la cultura arabo-musulmana, che peraltro affianca la cultura francese in un numero compreso tra i tre e cinque milioni di cittadini (in Francia le statistiche su base etnica o religiosa sono vietate, si tratta quindi di stime imprecise).

Il 30 per cento dei musulmani sono potenzialmente influenzati dal «web musulmano francofono», per cui «è essenziale disporre di un discorso religioso musulmano in francese alternativo a quello che oggi domina i social media, ovvero il discorso salafita». El Karoui indica il dispositivo «Prevent» in vigore in Gran Bretagna come esempio di contro-proposta musulmana.

Il ministro dell’Interno, Gérard Collomb, ha giudicato le proposte come «molto interessanti» perché «invitano i musulmani democratici di Francia e unirsi e a mobilitarsi». Già in campagna elettorale Emmanuel Macron aveva preannunciato la creazione di una «nuova struttura» per i musulmani che egli giudica «mal rappresentati». Fate Kimouche, fondatore del sito Al Kanz che è tra i più seguiti dell’Islam francofono, giudica invece il rapporto dell’Institut Montaigne come una «gestione indigesta dell’Islam», «Emmanuel Macron si inscrive nella tradizione francese che prevaleva quando la Francia aveva ancora le sue colonie e nominava, sotto la III Repubblica, un Cadì, un religioso-funzionario dello Stato».

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