28 aprile 2019 - 22:35

«L’Italia si è mossa per prima,
ora acceleri perché è tallonata:
il memorandum va applicato»

Parla il capo di China-i: «Roma deve far riconoscere agli interlocutori cinesi il suo patrimonio nascosto di know-how industriale»

di Guido Santevecchi, corrispondente da Pechino

«L’Italia si è mossa per prima, ora acceleri perché è tallonata: il memorandum va applicato»
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Dopo averci criticati per l’accordo con la Cina, gli altri Paesi europei ci tallonano sulle Vie della seta. I ministri dell’Economia di Londra e Berlino sono stati spediti a Pechino a caccia di intese politiche (e contratti): «La Belt and Road Initiative è una visione di straordinaria, epica ambizione», ha detto l’inglese Hammond. Il tedesco Altmaier ha rivelato che «Germania, Francia, Spagna vogliono partecipare all’iniziativa cinese insieme, come europei».

La corsa cominciata da Roma si allarga. L’Italia, per ora, oltre alle polemiche e alle accuse americane ed europee per la fuga in avanti ha incassato 2,5 miliardi di euro in nuovi contratti bilaterali e più export agricolo (di arance). A margine del Forum di Pechino, Xi Jinping ha annunciato che la Cina ha concluso accordi per altri 64 miliardi di dollari per nuove opere. Nessuno con noi.

«Il governo italiano deve accelerare, ha la possibilità di diventare compagno di strada privilegiato della Cina nella Belt and Road e nelle sue grandi infrastrutture, ma deve tradurre rapidamente il memorandum d’intesa in azioni concrete». Lo spiega al Corriere Sameh El-Shahat, 50 anni, nato in Egitto, cittadino britannico, ex investment banker di Ubs e ora a capo di China-i, agenzia di risk management con uffici a Pechino, Londra, Cairo.

È sbarcato a Pechino nel 2007 e da allora è diventato un’eminenza grigia del risk management: decine di aziende statali e private cinesi ascoltano i suoi consigli, il governo lo invita a tenere seminari per i suoi quadri alle Scuole di Partito a Pechino e Shanghai. È un uomo che sussurra ai potenti.

Questo è il suo ragionamento: «Un conto è vendere più prodotti, un altro è diventare partner della Cina sullo stesso livello, parlo di grandi opere, infrastrutture in Asia, Medio Oriente e Africa, l’Italia può lavorare con la Cina per garantire la sostenibilità dei progetti, imponendo la sua qualità».

Secondo l’esperto di gestione dei rischi e governance il sistema Italia «può usare la rete delle Vie della seta per far entrare le sue imprese in Paesi politicamente ed economicamente vicini alla Cina, ma dovete far riconoscere agli interlocutori cinesi il vostro patrimonio nascosto di know-how industriale, non basta parlarsi di Marco Polo e Ferrari».

Così El-Shahat vede, sentiti i suoi clienti cinesi, lo spazio strategico dell’Italia: «La Cina è così grande che può cambiare il mondo e Xi Jinping lo sa, ma ha capito anche che i miliardi da soli non bastano al suo piano, servono standard e regole basate sui valori. Le arance italiane sono buone perché il buon Dio vi ha dato il sole, ma gli standard industriali e finanziari di qualità sono un merito che vale molto, bisogna saperlo vendere bene, non potete accontentarvi solo di più export, dovete allargare l’orizzonte della vostra industria».

E soprattutto «tenete in mente che la Cina è pragmatica, voi avete firmato il memorandum a Roma, ma a Pechino si firmano centinaia di contratti ogni giorno, poi si giudica in base ai risultati. I cinesi hanno aspettative alte e l’Italia non deve perdere il momento».

Il premier Giuseppe Conte è stato ospite d’onore al Forum Belt and Road di Pechino, ma non c’erano grandi gruppi industriali al suo seguito. «Era solo una missione politica», ha osservato Conte. Commenta El-Shahat: «So che ci sono industrie italiane spaventate dalle pressioni americane, ma bisogna valutare i propri interessi e diventare partner della Cina sullo stesso piano può essere una svolta, può far recuperare il tempo perduto».

Consiglio finale: «I cinesi sono bravi a leggere e gestire la macroeconomia, non sanno calcolare altrettanto bene i rischi anche sociali dei loro singoli progetti all’estero. L’Italia è amata nel mondo, a Pechino questo lo hanno capito e per questo vi vogliono come compagni di strada per costruire sulle Vie della seta».

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