18 febbraio 2019 - 22:58

Derya, da escort all’Isis: «Se ti prendono devi ucciderti»

La giovane in Siria ha avuto un figlio con il jihadista Mario Sciannimanica. Poi il rientro in Germania

di Marta Serafini

Derya, da escort all’Isis: «Se ti prendono devi ucciderti»
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Derya O., 26 anni, può dire di essere stata tante cose nella sua vita. Compresa una ex escort diventata jihadista. O, almeno, così la descrive la «Bild».

Origini turche, Derya cresce in un piccolo paese della Ruhr. Ha problemi con la sua famiglia e a scuola i voti sono cattivi. Dopo aver lasciato gli studi viene avviata alla prostituzione da uno dei membri degli Hells Angels, gang di motociclisti turcotedesca.

Vestiti succinti, vita dissoluta per attirare i clienti. In cambio solo di qualche soldo e tanta violenza. Derya non ce la fa più. E quando, nel 2014, in rete conosce Mario Sciannimanica, italotedesco nato e cresciuto a Leverkusen, ex boxer e rapper noto negli ambienti jihadisti tedeschi, decide che lui è la persona giusta per farla cambiare. La promessa è di una vita pura in nome del Jihad. I due si sposano via Facebook, come concesso dal Califfo ai suoi miliziani pur di attirare donne nei territori occupati.

Passano due mesi e Derya fa la hijra, il pellegrinaggio, come viene chiamato il viaggio delle donne straniere che hanno deciso di unirsi all’Isis. Il percorso è quello di centinaia di altri giovani. Germania — Turchia — Kilis, al confine con la Siria. Dall’altra parte ad attenderla c’è Mario. «La prima volta che l’ho visto con la sua divisa militare, le sue mani e la barba era così bello». Ma Mario non è l’uomo dei sogni. E oltre a imporle la sharia, trascina Derya nell’inferno del Califfato. «Io sono andata lì perché volevo aiutare i bambini. E invece mi sono ritrovata in una stanza con le catene e un muro sporco di sangue», racconta lei.

Dopo qualche tempo Derya e Mario hanno un bambino. In qualche foto sorridono pure, apparentemente felici. Poi si separano — sostiene sempre la donna — ma si ritrovano in un campo di addestramento. «Abbiamo usato le bombe a mano, i kalashnikov. Io so sparare bene, ho le braccia lunghe» racconta lei. «Della cintura esplosiva invece hai bisogno per difenderti. Soprattutto per ucciderti se ti prendono».

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Poi Derya nel 2017 scappa e riesce a tornare in Germania. Mentre Mario viene ucciso — probabilmente in un regolamento di conti tra jihadisti.

Oggi Derya vive in Germania con il suo bambino. «Sono stata fortunata, perché sono ancora qui», dice.

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