22 febbraio 2019 - 22:00

Venezuela, spari sulla folla che aspetta gli aiuti umanitari e Guaidò visita il ponte al confine con la Colombia

I militari colpiscono a morte due indigeni al confine con il Brasile che volevano aiutare a far passare i convogli. Il presidente alternativo sfida ancora Maduro

di Rocco Cotroneo

Venezuela, spari sulla folla che aspetta gli aiuti umanitari e Guaidò visita il ponte al confine con la Colombia
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«Me fui», me ne sono andata, l’inno della diaspora venezuelana, oltre tre milioni di persone scappate dalla fame provocata da Nicolás Maduro, è il brano che ha aperto il megaconcerto di Cucuta. L’ha cantata una emozionata Reymar Perdomo, una donna che vive in Perù suonando sugli autobus il suo ukulele (una chitarrina hawaiana) ed era sconosciuta fino a poche settimane fa. Omaggio di Richard Branson, il magnate inglese che ha organizzato il Venezuela Aid Live, e degli altri big della musica latina arrivati sul ponte che separa Colombia e Venezuela: prima l’anonima Reymar, poi tutti gli altri, a chiedere fondi per combattere la crisi umanitaria nel Paese del chavismo morente, e soprattutto un cambiamento immediato. E al concerto è apparso a sorpresa il presidente alternativo Juan Guaidò, sfidando il divieto di lasciare il Venezuela. Adesso rischia l’arresto al suo rientro.

L’arrivo del presidente alternativo

Guaidò è arrivato ai piedi del palcoscenico in compagnia dei presidenti di Colombia, Ivan Duque, Sebastian Pinera, Cile e Paraguay, Mario Abdo Benitez. La giornalista colombiana Carla Angola ha pubblicato su Instagram un breve video in cui si vede Guaidò che attraversa a passo di corsa, sorridente, un ponte che si troverebbe alla frontiera fra Colombia e Venezuela, senza fornire ulteriori dettagli. Non è per nulla nascosta la finalità politica del concerto, ma se avrà ottenuto qualche risultato lo sapremo soltanto nelle prossime ore. Ci sono tonnellate di aiuti umanitari, arrivati soprattutto dagli Stati Uniti, pronti ad essere fatti entrare, e Guaidó sostiene che ciò avverrà oggi. Sui quattro ponti che fanno confine con la Colombia, alla frontiera sud con il Brasile e dall’isola olandese di Curaçao al largo del mar dei Caraibi, quindi via mare. Non ci sarà alcuna «invasione» di Ong o militanti stranieri in Venezuela, perché dovrebbero essere altrettanti deputati dell’Assemblea nazionale a ricevere i container in territorio venezuelano e a organizzare lo smistamento. Condizionale più che d’obbligo, perché al momento il regime di Maduro non sembra avere alcuna intenzione di far passare gli aiuti.

La sparatoria al confine

Sul ponte Las Tienditas di Cucuta — quello del concerto di Branson e sull’altro lato del controshow chavista — Maduro ha ordinato di rafforzare le barriere poste nei giorni scorsi; sul mare ha dichiarato la chiusura dei porti e al confine con il Brasile ha fatto di peggio. Prima il governo di Caracas ha decretato la chiusura totale del passaggio, poi ha mandato la Guardia nazionale a far sloggiare un gruppo di indios venezuelani della regione che volevano aiutare a far passare i convogli umanitari. Risultato due morti e una quindicina di feriti, dopo una sparatoria indiscriminata. Il primo sangue dell’assedio «umanitario» a Maduro scorre dunque al confine con il Brasile, lontano dai riflettori dei media internazionali.

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