8 maggio 2019 - 10:56

Sudafrica al voto, con zero illusioni e una stanca speranza

Cyril Ramaphosa, l’uomo che ha preso la guida pro tempore del Paese dopo la cacciata di Zuma, favorito per indirizzare la Nazione Arcobaleno sul sentiero della crescita e dell’equità

di Michele Farina

Sudafrica al voto, con zero illusioni e una stanca speranza
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Per la sesta volta negli ultimi 25 anni i sudafricani vanno oggi alle urne per eleggere i 400 membri del nuovo Parlamento. L’euforia delle prime elezioni democratiche del 1994 è evaporata da un pezzo. Ma dopo il decennio perduto del «clepto-presidente» Jacob Zuma, una stanca speranza si fa strada in un Paese che conta lo 0,8% della popolazione mondiale e il 3,2% (6 milioni di persone) dei disoccupati della Terra.

La speranza si chiama Cyril Ramaphosa, 66 anni, l’ex sindacalista diventato milionario padrone di miniere che nel 2018 ha preso le redini pro tempore del Paese dopo la cacciata di Zuma sepolto dagli scandali (qui un commento di Danilo Taino). Il mandato popolare che i sondaggi gli attribuiscono dovrebbero lanciare Ramaphosa in una rincorsa «o la va o la spacca» per indirizzare la Nazione Arcobaleno sul sentiero della crescita e dell’equità. Certo, rispetto al tempo dell’apartheid i sudafricani sono più liberi e vivono meglio (le case senza elettricità sono passate dal 42% al 10%). Ma i conti pubblici sono dissestati e la corruzione resta imperante nei meandri dello Stato e nei corridoi dell’African National Congress (Anc), il partito che fu del gigante Nelson Mandela: il suo delfino della prima ora diventerà presidente con piena autorità, anche se l’Anc dovesse cadere come previsto al minimo storico dei voti (poco sopra il 50%). I partiti rivali cresceranno ma non abbastanza da scalzarlo: salvo sorprese al secondo posto si piazzerà Alleanza Democratica, ancora percepita come «il partito dei bianchi» malgrado la guida equilibrata del nero Mmusi Maimane. Al terzo posto dovrebbero finire gli Economic Freedom Fighters (Eff) del populista Julius Malema. Metà dei 55 milioni di sudafricani sono born free, nati dopo il 1994 e dunque lontani dall’attrazione esercitata dal «magnete Mandela»: non servirà a Ramaphosa l’aver guidato i negoziati con il regime bianco nei primi anni Novanta, essere stato uno dei principali ispiratori di una Costituzione che - sulla carta - resta una delle più avanzate del mondo. Fare pulizia (in primis) nel suo partito è impresa che non riuscì neppure al grande Madiba: il suo erede è chiamato ora a farlo rapidamente, senza più alibi, in un Paese senza illusioni. Impresa difficile. Ma in circolazione non c’è nessuno in grado di farlo più di lui.

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