2 marzo 2019 - 12:41

Brasile, Lula lascia il carcere per andare al funerale del nipotino

L’ex presidente è detenuto dalla scorso aprile dopo essere stato condannato a 12 anni per corruzione

di Rocco Cotroneo

Brasile, Lula lascia il carcere per andare al funerale del nipotino
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RIO DE JANEIRO «Ti prometto, piccolo Arthur, che proverò la mia innocenza e te la porterò in cielo», ha detto tra i singhiozzi. Poche ore di permesso di uscita dal carcere per Lula — per un gravissimo lutto, la morte di un nipotino — riaprono una ferita nella società brasiliana. E ancora una volta dal cuore del nuovo potere, la famiglia Bolsonaro, non si perde l’occasione per disseminare messaggi odiosi contro l’avversario ormai nella polvere. Venerdì una telefonata urgente, autorizzata, è stata passata all’ex presidente Lula nella sede della polizia federale di Curitiba dove sta scontando una pena a 12 anni e 11 mesi di reclusione per corruzione. È il secondogenito, Sandro Luis, ad avvisare il padre della morte improvvisa del piccolo Arthur, sette anni, per una meningite fulminante. Lula era molto legato al nipote, nato proprio nei giorni del suo ricovero a San Paolo per un tumore alla gola, poi guarito. La terribile notizia va ad aggiungersi a quello che ormai è definito da tutti uno stato di prostrazione molto profondo dell’ex leader, per una carcerazione che considera ingiusta e la prospettiva che arrivino nuove condanne, in un clima di caccia agli ex potenti di sinistra cavalcato dai nuovi governanti.

Non appena si diffonde la notizia che Lula ha ottenuto il permesso per andare al funerale del nipote, come prevede la legge, è Eduardo Bolsonaro, il figlio deputato del presidente, ha usare Twitter — come sempre fanno in famiglia - senza troppa decenza. «Lula è un detenuto comune e dovrebbe stare in un carcere comune. Assurdo soltanto pensare di scortarlo al funerale, e fare di un ladruncolo un poveretto per il quale sentire pena». Messaggio che scatena una valanga di reazioni, parecchie anche dalla sua parte politica, e come spesso accade viene cancellato. Una classico ormai nella famiglia Bolsonaro, dove l’incapacità del padre — peraltro un maestro nelle dichiarazioni indecenti — di controllare i tre figli sui social network è ormai considerato un problema di Stato.

Lula comunque arriva a San Paolo nella tarda mattinata di ieri, con un aereo messo a disposizione dal governatore del Paranà, lo Stato dove sta scontando la pena, e viene accompagnato dalla polizia al cimitero. La cerimonia di addio al piccolo Arthur è ristretta ai familiari e ai più intimi. Arrivano tra gli altri l’ex presidente Dilma Rousseff e il candidato di Lula alle ultime elezioni, Fernando Haddad. Fuori dal cimitero si raduna una folla di militanti, che inneggiano a Lula e chiedono la sua liberazione, e alla quale lui risponde alzando una mano. È poi il vecchio leader a prendere la parola davanti alla bara del nipote. «Riuscirò a provare chi è ladro in questo Paese e chi no. Chi mi ha condannato non può guardare negli occhi il proprio nipote, come io facevo con te, Arthur. Proverò la mia innocenza, e ti porterò in cielo il mio diploma di innocente». All’uscita dal cimitero, Lula in lacrime ha nuovamente accennato alla folla, e secondo indiscrezioni, sarebbe stato ripreso da un funzionario di polizia. «Lei sa bene che non avrebbe potuto farlo», ha detto a Lula, riferendosi anche al contenuto «politico» del suo discorso di commiato al nipote. In occasione della morte di un fratello, alcuni mesi fa, a Lula il giudice di Curitiba aveva negato al detenuto il permesso di andare al funerale, con la motivazione che si potevano creare problemi di ordine pubblico. Lo stesso magistrato stavolta ha dato l’autorizzazione ma senza spiegare la differenza tra le due situazioni.

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