21 marzo 2019 - 12:17

Bus dirottato, da Glasgow a Brescia: tutti i precedenti

Episodi simili a quelli della Paullese si sono verificati in Medio Oriente ma anche in Italia. Ad alimentare anche l’effetto imitazione

di Guido Olimpio

Bus dirottato, da Glasgow a Brescia: tutti i precedenti
shadow

L’azione violenta dell’autista Sy ricorda episodi del passato dove si intrecciano molti aspetti, dal terrorismo ad altre situazioni meno nette.

Il 15 febbraio 2001 un autista palestinese di un bus di linea investe un gruppo di passanti, compresi alcuni militari, a sud di Tel Aviv. 8 le vittime. L’uomo aveva superato i controlli – ferrei – di sicurezza, non era legato a gruppi. Ma il suo gesto sarà rivendicato da due fazioni. I parenti hanno sempre negato che all’origine dell’attacco ci fosse una scelta di estremismo: «Vi ripeto che è un uomo semplice, con difficoltà economiche. Lo abbiamo aiutato tante volte – racconterà il fratello Hussein -. E non sono a conoscenza di rapporti con gruppi…Certo, lui non può rimanere insensibile a ciò che accade alla Palestina…». Quello di Holon è probabilmente uno dei primi attacchi con un mezzo impiegato come ariete e racchiude aspetti dove si mescolano le due componenti: aspetti familiari e suggestioni politiche, magari determinate da quanto avviene attorno. Per Sy sarebbero stati i migranti morti in mare, lo ha indicato chiaramente offrendo un movente e dimostrando una premeditazione.

Il 12 dicembre 2003 un giordano-palestinese si toglie la vita vicino alla sinagoga di Modena. Arriva sull’auto, appicca al fuoco che si estende al serbatoio GPL. I parenti diranno: era depresso, aveva fallito su tutto. L’anno seguente – a fine marzo – un marocchino, si suicida innescando delle bombole del gas messe sulla macchina nel parcheggio di un McDonald’s a Brescia. Anche qui i familiari propendono per il gesto di un uomo disperato. Entrambi hanno scelto una via che ricorda – da lontano – quelle di un kamikaze. E’ possibile che le cause fossero davvero personali, senza alcun legame esterno, ma se questi eventi fossero avvenuti oggi avrebbero di certo una lettura (o interpretazione) diversa.

il 30 giugno 2007, Khalid Ahmed e Bilal Abdullah cercano di sfondare le porte di ingresso dell’aeroporto di Glasgow. Sono a bordo di un veicolo sul quale hanno sistemato delle bombole del gas. Ahmed muore carbonizzato, Abdullah resta ferito. Per Scotland Yard erano parte di un gruppuscolo qaedista. Il loro caso va ricordato per due aspetti: 1) Il target, ossia uno scalo aereo. E anche l’autista senegalese ha detto che voleva raggiungere Linate. 2) Le bombole a bordo, un’autobomba “artigianale” fabbricata da chi non ha mezzi per prepararne una vera. Questa tecnica, unita all’uso di combustibile, tornerà in attentati falliti o riusciti in Europa.

Non c’è dubbio che l’ambiente possa innescare una persona a compiere atti estremi anche se non è parte di un movimento. E per ambiente intendo quanto avviene vicino all’individuo, ma anche lontano. Basta scorrere le news e non solo sui media tradizionali. I telefonini ti mostrano «in diretta» quello che avviene al fronte. Immagini spesso dure. Sono piccole gocce che scavano nella mente di una persona. Una volta i reclutatori usavano le videocassette dai contenuti feroci per «caricare» il discepolo, oggi puoi fare tutto da solo. Questo vale per i jihadisti, per gli xenofobi e anche per killer di massa senza una causa. Alcuni sono terroristi, altri si limitano ad imitarli. L’effetto è identico.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT