23 marzo 2019 - 08:35

Siria, cade l’ultima roccaforte dell’Isis «Spazzato via lo stato del Califfo»

Dopo la Casa Bianca anche le forze curde annunciano la caduta di Baghouz, ultimo villaggio in mano ai jihadisti. Ma si combatte ancora e nonostante la sconfitta sul terreno la minaccia dell’Isis resiste

di Lorenzo Cremonesi

Siria, cade l’ultima roccaforte dell’Isis «Spazzato via lo stato del Califfo»
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Infine anche i portavoce curdi annunciano la sconfitta del «Califfato» nelle sue ultime roccaforti nella Siria nord-orientale. «Baghouz è stata liberata. La vittoria militare contro Daesh (l’acronimo arabo di Isis) è completa», ha scritto questa mattina su twitter Mustafà Bali, capo dell’ufficio stampa delle forze militari curde in Siria riferendosi all’ultimo villaggio sull’Eufrate, non lontano dal confine iracheno, dove si erano rifugiati gli ultimi combattenti di Isis. Bali aggiunge tuttavia che i comandi curdi «rinnovano il loro impegno a continuare la guerra e perseguire le ultime sacche di resistenza jihadista sino alla loro completa eliminazione».

Questo per specificare che comunque esistono ancora isolati gruppi di irriducibili sia nascosti nell’intricato e infido dedalo di gallerie sotto le case di Baghouz, ma soprattutto sparsi nelle zone desertiche e anche nei grandi centri urbani siriani e iracheni. In effetti i curdi hanno tutto l’interesse a protrarre nel tempo il loro ruolo nella battaglia contro il Califfato sia per garantirsi il sostegno militare americano, che per fare fronte alle pressioni sia turche che del regime di Bashar Assad. Ma già ieri dal Pentagono si era affermato che la battaglia di Isis era praticamente vinta, dichiarazioni che del resto aveva fatto lo stesso presidente Donald Trump a fine febbraio.

Il dato centrale è che in queste ore collassa definitivamente la dimensione territoriale del Califfato, elemento questo che sin dal 2013-2014 aveva caratterizzato le specificità di Isis rispetto ad Al Qaeda e gli altri gruppi dell’estremismo jihadista organizzato.

Ma ciò non significa che Isis sia del tutto collassato. I suoi slogan e la sua organizzazione terroristica restano minacciosi e in grado di attirare militanti e costituire un pericolo. Sono inoltre decine di migliaia i civili (tra cui donne e bambini) usciti dalle macerie di Baghouz e gli altri centri di Isis che non hanno affatto rinnegato la loro ideologia e anzi minacciano apertamente di voler costruire «uno nuovo Califfato».

Non è inoltre affatto chiaro quale sia la sorte di Abu Bakr Al Baghadadi, il loro massimo leader, e gli altri dirigenti di Isis. Secondo fonti dell’intelligence americana molti di loro e lo stresso Baghdadi (la cui morte più volte annunciata non è mai stata verificata) potrebbero essere fuggiti da tempo in Iraq, specie nelle province sunnite di Al Anbar tra Qaiim, Falluja e Ramadi, dove godono di protezioni e ampie simpatie popolari. Ai curdi resta anche il problema della gestione di circa 65.000 persone uscite nelle ultime sei settimane dall’inferno di Baghouz.

Resta il problema della sorte delle migliaia di volontari jihadisti arrivati dall’estero: tra loro numerosi francesi, ceceni, afghani, tunisini, libici, palestinesi, algerini.

Resta il mistero sul destino di circa 300 prigionieri tra cui il gesuita italiano Paolo Dall’Oglio.

E resta il dilemma del loro futuro politico. Nel 2014 Isis era giunto a controllare quasi un terzo del territorio siriano e larghe parti dell’Iraq. Da dopo la battaglia di Kobane nell’ottobre del 2014 e grazie agli aiuti Usa, i curdi hanno avuto un ruolo centrale nella sconfitta di Isis e quindi hanno espanso le loro zone autonome proprio a spese delle regioni controllate da quest’ultimo. Oggi chiedono di essere ascoltati dalla comunità internazionale, proprio mentre Bashar Assad sostenuto da Russia e Iran cerca un intesa con Ankara per riprendere il pieno controllo della Siria, inclusa la zona curda.

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