31 marzo 2019 - 22:04

Slovacchia: diritti civili, toni gentili e due figlie adolescenti, la vittoria di Zuzana Caputova «senza populismo»

Sarà la prima donna alla presidenza della Slovacchia: «la ragazza sconosciuta», 45 anni, ha rotto gli schemi

di Alessandra Muglia

Slovacchia: diritti civili, toni gentili e due figlie adolescenti, la vittoria di Zuzana Caputova «senza populismo»
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Da sola, avvolta in un cappotto rosso impreziosito da un bordo di pizzo, Zuzana Caputova la sera della vittoria si è lasciata le telecamere e la folla di supporter alle spalle ed è andata davanti all’ospedale di Bratislava: sotto la targa che ricorda le proteste anti comuniste del 1989, fiori, candele e una grande foto rendono omaggio a Jan Kuciak, il giornalista slovacco ucciso con la sua compagna l’anno scorso, per le sue inchieste sul malaffare tra imprenditori vicini al governo e la ‘ndrangheta.

Slovacchia: diritti civili, toni gentili e due figlie adolescenti, la vittoria di Zuzana Caputova «senza populismo»

Un evento terremoto per la Slovacchia. Ha mobilitato migliaia di persone contro il premier Fico, costretto alle dimissioni: la più grande ondata di proteste dalla rivoluzione di Velluto. Da quel delitto, dallo sdegno e dalla rabbia che ha generato, è partita l’avventura politica di Zuzana, fino ad allora coraggiosa combattente solitaria, impegnata — da avvocata dei diritti civili — a sfidare i potenti in battaglie contro corruzione e soprusi. In pochi mesi la «ragazza sconosciuta» — come era stata chiamata soltanto qualche mese fa dal presidente del Parlamento a Bratislava — questa outsider del palazzo di 45 anni, madre di due figlie adolescenti, si è trasformata nella prima presidente donna del Paese.

Gli slovacchi — popolo per lo più tradizionalista — l’hanno scelta nonostante sia donna, divorziata, a favore di nozze e adozioni gay. La sua schiettezza, i suoi modi gentili e i suoi trascorsi dalla parte della gente hanno fatto convergere su di lei, europeista convinta, la voglia di riscatto di un Paese del gruppo di Visegrád, dominato da sovranisti, euroscettici e xenofobi.

«Sono felice non soltanto per la vittoria ma soprattutto per il modo in cui è avvenuta», ha scritto su Facebook dopo lo spoglio. Una vittoria doppia: per i numeri, certo — ha ottenuto il 58,4% dei voti lasciando 17 punti indietro il suo rivale — ma anche per l’imporsi di uno stile politico diverso, alternativo, nell’era dei sovranismi ad alto tasso di testosterone: «Si può affrontare una sfida politica senza cedere al populismo, senza nascondere le proprie idee, si può ottenere fiducia senza usare un vocabolario aggressivo e senza ricorrere ad attacchi personali».

«Pensavamo forse che giustizia e equità in politica fossero segni di debolezza — ha scandito davanti alla folla di supporter intorno a mezzanotte —. Oggi constatiamo che sono la nostra forza». Poi l’appello all’unità: «Cerchiamo ciò che ci unisce, mettiamo la cooperazione al di sopra degli interessi personali».

Cresciuta in una famiglia modesta, che lei definisce «di mentalità aperta», è riuscita a laurearsi in Legge. Vive con le due figlie adolescenti a Pezinok, cittadina alle porte della capitale, dove ha condotto una battaglia contro una discarica di rifiuti tossici, che le è valso nel 2016 il Goldman Environmental Prize, sorta di Nobel per l’ambiente, oltre al soprannome di «Erin Brockovich slovacca». Il poco tempo che le resta lo dedica al fidanzato fotoreporter.

«Lei è un errore nel sistema, un cambiamento mai visto da trent’anni a questa parte» la definisce Matus Kostolny, direttore del quotidiano slovacco Dennik N. Dopo la vittoria, si è rifiutata di salire sul palco con il presidente di «Slovacchia progressista», il partito che ha sostenuto la sua corsa ma che lei ha abbandonato prima del ballottaggio a garanzia della sua indipendenza. «Voglio essere la presidente di tutti».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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