Hadi Matar, l’aggressore di Salman Rushdie «si era radicalizzato». Forse in contatto con i pasdaran

di Viviana Mazza e Guido Olimpio

L’intervista della madre al Daily Mail: «Era introverso, criticava i nostri costumi»; per «Vice» era in contatto con la Divisione Qods, l’apparato clandestino dei pasdaran

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Un viaggio può cambiare la vita. In peggio. Dipende dal protagonista e da chi incontra. La madre di Hadi Matar, l’aggressore di Salman Rushdie, è convinta che il figlio abbia intrapreso un sentiero diverso dopo aver passato un mese in Medio Oriente. La reclusione In un’intervista al Daily Mail, Silvana Fardos, musulmana libanese, ha raccontato che nel 2018 Hadi è partito per il Libano , voleva incontrare il padre che si era stabilito nel villaggio natio di Yaroun dopo aver divorziato. Quel ritorno alle origini avrebbe inciso sull’esistenza del giovane: le cose sono andate male – ha sostenuto la donna – i rapporti con il genitore sono stati conflittuali e lui mi ha telefonato quasi subito sostenendo di voler rientrare negli Stati Uniti. Invece si è fermato per 28 giorni: non è noto, al momento, se abbia avuto contatti con ambienti politici o estremisti. Di certo c’è che Matar, una volta tornato a casa, è parso molto più religioso e si è chiuso in se stesso. Criticava la madre perché non era osservante, la evitava, passava gran parte del suo tempo nel seminterrato della casa, ne vietava l’accesso ai familiari, non aveva contatti diretti e preferiva cucinarsi da solo i suoi pasti. Una sorta di reclusione – interrotta dalle puntate in palestra a tirare di boxe - che ricorda quella di alcuni sparatori di massa statunitensi.

Le indagini

È durante questa forma di isolamento che il futuro assalitore ha «scoperto» il suo target? L’Fbi ha sequestrato del materiale, incluso il computer del giovane nato 24 anni fa in California. Gli agenti sono alla ricerca di eventuali ispiratori. Il sito Vice, citando ambienti di intelligence, introduce una pista: vi sarebbero stati dei contatti via web, non è chiaro di quale entità/forma, con elementi della Divisione Qods, l’apparato clandestino dei pasdaran iraniani. Ma sono riferimenti piuttosto vaghi, privi di riscontri precisi. E dunque si continua a guardare al contesto personale. La versione di Silvana coincide con quella di un ex compagno di scuola che per primo aveva descritto l’estrema sensibilità di Matar sui temi legati all’Islam. Altre testimonianze hanno invece confermato il carattere introverso del ventenne. Sono pezzi sparsi, non sufficienti a costruire un profilo preciso. Agli inquirenti serve tempo per «scavare». Per ora c’è la storia della famiglia: il periodo in California, il divorzio nel 2004, il padre che va in Libano, la madre che dichiara bancarotta e si trasferisce con i figli nel New Jersey nel 2014, la visita di Matar in Libano nel 2018, l’isolamento progressivo, quindi l’attentato contro lo scrittore. Disagio personale che forse incontra una sponda estremista, con il pugnalatore affascinato dai guardiani della rivoluzione iraniani, dal generale Qasem Soleimani, dai simboli della militanza sciita come documentano i suoi post sui social. È tuttavia ancora poco, è appena un punto di partenza – come lo sono le indiscrezioni di Vice - che richiede altro lavoro investigativo da parte degli agenti federali. Scontato che cerchino nel «cortile di casa» e lontano, viste le implicazioni della fatwa emessa dall’imam Khomeini in un lontanissimo 1989.

Le reazioni

Il segretario di Stato Antony Blinken ha nominato esplicitamente l’Iran, nella sua nota su Rushdie, dopo le critiche dei repubblicani al presidente Biden per non averlo fatto. «Le istituzioni iraniane hanno incitato alla violenza contro lo scrittore per anni e i media statali in questi giorni hanno esultato per l’attentato contro di lui. Tutto questo è spregevole» Le reazioni da Teheran sono sempre binarie, secondo costume. I media non hanno nascosto la soddisfazione per l’attacco contro l’autore dei Versi satanici , i titoli dei giornali hanno riferimenti espliciti alla vendetta. Il governo, invece, con una presa di posizione ufficiale ha negato qualsiasi rapporto con il gesto di violenza, però si è ben guardato dal condannarlo e lo ha presentato come una risposta naturale all’offesa verso il Profeta. Posizione in linea gli anni di minacce nei confronti di Rushdie, un incitamento all’odio continuato nella consapevolezza che, alla fine, qualcuno avrebbe raccolto l’appello. Per obbedire ad un ordine diretto, ma anche senza, in ossequio ad un decreto religioso incancellabile.

15 agosto 2022 (modifica il 15 agosto 2022 | 13:55)