Libano, Saad Hariri si ritira dalla politica a 4 mesi dalle elezioni

di Lorenzo Cremonesi

Con il passo indietro dell’ex premier, i sunniti libanesi per la prima volta si presenteranno alle urne senza un leader che sappia unirli contro i partiti della maggioranza sciita

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Lo spettro del fallimento ha sempre accompagnato la carriera politica dell’oggi 51enne Saad Hariri. Sin da quei tragici giorni nel febbraio 2005 dell’assassinio di suo padre, Rafik Hariri, nella comunità sunnita libanese furono in tanti a sostenere che il giovane delfino non era all’altezza. «Troppo inesperto, troppo abituato a bazzicare le grandi università americane e il mondo dorato degli emiri del Golfo, per sporcarsi le mani con i giochi bassi nei corridoi della Beirut politica», dicevano gli stessi dirigenti del Movimento del Futuro, il partito creato con fatica da Rafik, facendosi largo tra le pressioni iraniane, siriane, israeliane, saudite e la litigiosità cronica delle fazioni libanesi.

Così, oggi nessuno è davvero sorpreso che il non più giovane Saad torni a presentare le dimissioni. Lo ha già fatto più volte nel passato. L’ultima è stata dopo la devastante esplosione nel porto di Beirut ai primi dell’agosto 2020, quando si rese conto di non essere in grado di presiedere il governo che avrebbe dovuto condurre l’inchiesta contro i responsabili. Ma questa volta potrebbe anche essere l’ultima. «Dichiaro di sospendere la mia attività politica e appello la mia famiglia nel Partito del Futuro a fare lo stesso», ha annunciato trattenendo le lacrime.

Prima conseguenza: non sarà lui a guidare il blocco sunnita in vista delle elezioni parlamentari previste per il prossimo 15 maggio. Seconda conseguenza più significativa: per la prima volta i sunniti libanesi mancano di una rappresentanza solida che sappia unirli contro i partiti della maggioranza sciita e in particolare fare sponda di fronte alla crescita dell’Hezbollah, il partito-milizia legato a filo doppio a Teheran. Ma soprattutto le sue dimissioni aggiungono un ulteriore elemento di incertezza alla gravissima crisi economica che ormai da oltre due anni mette in ginocchio il Paese intero.

La valuta locale è ai minimi storici, l’inflazione resta alle stelle, il sistema bancario resta paralizzato e ciò va a bloccare l’import di beni di prima necessità come medicinali, carburante, e derrate alimentari. «Siamo arrivati al fondo del barile. I soldati dell’esercito libanese non hanno soldi per mangiare. E’ persino capitato che noi dell’Unifil abbiamo regalato razioni “K” d’emergenza per sfamarli quando si addestrano nelle nostre zone», ci confidava poche settimane fa un alto ufficiale italiano di stanza nel Libano meridionale.

Hariri si era trovato più volte a dovere mediare nel serrato braccio di ferro tra Teheran, Damasco e Riad per il controllo della regione. Nel 2017 aveva persino subito un mezzo sequestro da parte delle autorità saudite contrarie ai suoi compromessi con Hezbollah. Non lo aiutavano le difficoltà economiche in cui navigavano le aziende di famiglia. Ora sembra che sia deciso a raggiungere moglie e figli già traslocati a Parigi. Lui parla di «ritiro temporaneo», ma per adesso pochi credono in un suo ritorno.

25 gennaio 2022 (modifica il 25 gennaio 2022 | 07:33)