22 aprile 2018 - 20:41

I borbottatori social
drogati di scemenze

Non è prescritto dalla legge passare un sacco di tempo sui social per denunciare
quanto siano ignoranti, rozzi, violenti quelli che si esprimono sui social medesimi

di Pierluigi Battista

(Getty Images) (Getty Images)
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Care coetanee (o anche quasi), cari coetanei (o anche quasi),guardate che non è obbligatorio fare come le vecchie zie e brontolare sulle nequizie dei tempi e di questi fetentissimi giovani che chissà dove andremo a finire. Non è prescritto dalla legge inveire sui social contro il popolo sgangherato dei social, passare un sacco di tempo sui social per denunciare al mondo quanto siano ignoranti, rozzi, violenti quelli che si esprimono sui social medesimi. Mica è come la scuola dell’obbligo, che i bambini ce li devi mandare punto e basta. Mica è come l’Ordine dei giornalisti che, residuo del fascismo che l’antifascismo non ha nessuna intenzione di liquidare, ti costringe per legge ad arruolarti per poter lavorare nei giornali. Qui è tutto facoltativo, non ti corre dietro nessuno. Ti piace Twitter? Stacci. Non ti piace? Stanne lontano, è tuo diritto. Ti piace postare foto di gattini su Facebook e dire la tua al mondo su tutti gli argomenti dello scibile senza sapere niente di niente? Iscriviti. Non ti piacciono quelli che postano i gattini e dicono un sacco di scemenze? Staccati. Si può fare. Si possono fare molte cose, in alternativa: leggere, andare alle mostre, andare al cinema, guardare una partita in tv, amoreggiare, perfino far la fatica di studiare per capire perché i partiti tradizionali siano stati brutalmente ripudiati dall’elettorato incolto e grossolano.

Invece no: è nato il nuovo mestiere del borbottatore che passa il suo tempo sui social a dire quanto sono scemi quelli che scrivono e vomitano sui social. Anziché immergersi nell’opera omnia di Dostoevskij che di uomini del «sottosuolo» se ne intendeva lasciandocene ritratti di incomparabile valore, perdono un tempo infinito a chiosare commenti cervellotici, insulti sfrenati, farneticazioni, allucinazioni di una piazza pubblica loquace e grafomane che, solo a volerlo, potrebbe essere lasciata in balìa di se stessa. Ma perché stanno lì, invece di farsi una salutare passeggiata. Che poi può capitare di diventare una volta tu, il bersaglio dell’odiocrazia social: basta armarsi di pazienza e cancellare, bloccare, silenziare. Senza vittimismi. E con un po’ di senso del ridicolo per questo denunciare i rischi dei social non sapendosene distaccare drogati dalle scemenze che circolano là dentro. Care coetanee, cari coetanei: torniamo in noi, su.

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