1 giugno 2018 - 20:33

Il museo della pace
di Léontine Meijer-van Mensch

Vice direttrice dello Jüdisches Museum di Berlino , ha esposto la kippah del ragazzo arabo-israeliano aggredito in aprile. «Dobbiamo rispondere velocemente e reagire», ha detto. Le aggressioni antisemite crescono e trovano terreno fertile nel mondo dell’estrema destra e in quello degli immigrati islamici

di Paolo Lepri

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«I musei sono luoghi del discorso», dice Léontine Meijer-van Mensch, spiegando la sua decisione di esporre la kippah del ragazzo arabo-israeliano che in aprile fu aggredito a cinghiate da un rifugiato siriano di diciannove anni. Quel luogo del discorso — ma anche del silenzio — è il Museo ebraico di Berlino, dove la Torre dell’Olocausto progettata da Daniel Libeskind toglie agli occhi il comando delle parole.  

Quarantacinque anni, studi di storia moderna e cultura ebraica a Amsterdam e Gerusalemme, Léontine si è perfezionata in Protezione del patrimonio culturale europeo e museografia all’Università Viadrina di Francoforte sull’Oder. Dal febbraio 2017 è la responsabile dei programmi e la vice direttrice dello Jüdisches Museum. È nata a Hilversum, la cittadina olandese dove ha trascorso i suoi ultimi giorni di vita – una vita durata 101 anni – lo scrittore e psicanalista tedesco Hans Keilson, l’uomo che curava il trauma «sequenziale» dei bambini coinvolti negli orrori della Shoah. Non è impossibile immaginare che la kippah trovata quel giorno per terra in una strada apparentemente luminosa di Prenzlauer Berg (ma buia come la Torre di Libeskind) sia stata raccolta proprio da Keilson, tornato finalmente sui suoi passi nella città da dove fu costretto a fuggire, e consegnata a Léontine Meijer-van Mensch insieme a qualche foglia di rovere caduta sul marciapiede.  

«Dobbiamo rispondere più velocemente agli eventi attuali e reagire a quanto accade nella società: vogliamo invitare i nostri visitatori ad entrare in un dialogo», ha detto a Deutsche Welle la vice direttrice del Museo berlinese. Gli «eventi attuali» sono le aggressioni antiebraiche in Germania, sempre in aumento, che trovano il loro terreno fertile sia nel mondo dell’estrema destra che in quello degli immigrati islamici. Ci affidiamo a lei e ad altri testimoni di questi anni difficili — come l’ambasciatore Felix Klein, violinista nel Diplomatisches Streichquartett, nominato recentemente dal governo Merkel commissario speciale del governo per la lotta all’antisemitismo — per garantire l’innocenza e sorvegliare la colpevolezza. Dentro e fuori dai nostri musei.

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