19 luglio 2018 - 20:17

Lo «Stato-Nazione» ebraico
Molti dubbi su una legge discussa

di Antonio Ferrari

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Che Israele sia lo Stato nazionale degli ebrei era chiaro da sempre. Che Israele, che non ha ancora una Costituzione, si limiti a considerare, con un voto del suo Parlamento, la minoranza araba (quindi musulmana), che rappresenta il 20 per cento della sua popolazione, come entità garantita da uno status speciale, e’ un passaggio ipocrita e poco adatto ad uno Stato che si dice democratico.

Il voto della Knesset, risicatissimo (62 a favore, 55contro), salutato con enfasi dal premier Benjamin Netanyahu, e’ quanto di più ambiguo si possa immaginare. Israele, infatti, non ha finora accettato la soluzione dei due Stati — Israele e Palestina — , che vivano l’uno accanto all’altro in pace e sicurezza. Con il voto di ieri esclude a priori la nascita di uno Stato binazionale, che tenga conto delle due componenti del Paese: appunto, la maggioranza ebraica e la minoranza musulmana.

Il voto della Knesset, in realtà, si coniuga con la decisione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, di spostare l’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme, un passo sempre evitato per non moltiplicare tensioni regionali. Il problema e’ che con il voto di ieri viene legittimato il diritto dei settlers di occupare Territori palestinesi, anzi di poter ampliare colonie, fuori dai confini riconosciuti del Paese, che il mondo rifiuta perché in rotta di collisione con un possibile accordo condiviso tra le due parti in conflitto.

La reazione dei partiti arabi, pur presenti alla Knesset, era scontata. Ma colpisce assai più la rivolta di deputati, anche conservatori, che rifiutano una decisione velenosa che mette a rischio la fede democratica di uno Stato nato e cresciuto in opposizione a qualsiasi discriminazione.

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