9 ottobre 2018 - 21:24

La debole democrazia: Afghanistan alle urne, non apre un seggio su tre

La situazione è delicata ma se ne parla pochissimo nei Paesi Nato che hanno tutt’ora i contingenti in teatro (anche l’Italia tra Herat e Kabul mantiene 500 soldati)

di Lorenzo Cremonesi

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Uno scorcio di Kabul (Afp) Uno scorcio di Kabul (Afp)
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Con migliaia di morti e feriti negli ultimi mesi per le violenze crescenti in tutto il Paese, con intere regioni fuori dal controllo dell’autorità di Kabul, con i continui attentati da parte di Isis e talebani contro gli operatori internazionali e le forze di sicurezza locali, le prossime elezioni parlamentari afghane del 20 ottobre rischiano di diventare l’ennesima prova del fallimento dei tentativi di normalizzazione dopo l’invasione americana sostenuta dall’Onu seguita agli attentati dell’11 settembre 2001. Se ne parla pochissimo nei Paesi Nato che hanno tutt’ora i contingenti in teatro (anche l’Italia tra Herat e Kabul mantiene 500 soldati). L’Afghanistan si dimostra lo specchio tragico della nostra impotenza collettiva.

Sono trascorsi ben 17 anni dall’entrata dei marines a Kabul e lo sfascio del regime del Mullah Omar alleato ad Al Qaeda. È una delle operazioni più lunghe della storia militare moderno-contemporanea. Dopo la fase combattuta dei primi mesi, avrebbe dovuto trasformarsi in una grande missione umanitaria per pacificare e ricostruire. E in effetti così fu, almeno inizialmente. Le donne tornarono a scuola, si aprirono strade, canali per l’irrigazione, ospedali: tra il 2005 e il 2006 specie le zone urbane videro uno sviluppo economico e sociale senza precedenti. Ma da almeno un decennio i talebani hanno ripreso a combattere.

Oggi fanno a gara con Isis, da tre anni più attivo che mai, nel contendersi il terreno e le simpatie tra i giovani pashtun più fanatici. Il risultato è che questo terzo scrutinio dal 2001 giunge con tre anni e mezzo di ritardo e rischia di venir esercitato solo in metà del Paese. A Kabul si ammette che un terzo dei 7.366 seggi elettorali resterà chiuso. I jihadisti minacciano. Almeno 5 sui 2.532 candidati (tra cui circa 400 donne) alle 249 poltrone parlamentari sono stati assassinati di recente. E nulla lascia credere che sarà meglio per le presidenziali previste ad aprile 2019.

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