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«Macedonia del nord», la guerra del nome da vincere con il voto
Se domani la Macedonia voterà come prevedono i sondaggi, la Nato avrà vinto una nuova piccola guerra nei Balcani
Se domani la Macedonia voterà come prevedono i sondaggi, la Nato avrà vinto una nuova piccola guerra nei Balcani. Piccola, per fortuna, perché qui nessuno spara, nessuno bombarda, e le ostilità saranno limitate alle urne di un referendum: «siete favorevoli o no alla futura adesione alla Ue e alla Nato, e perciò approvate il nuovo nome di Repubblica della Macedonia del Nord? » . Qualcuno potrebbe sorridere, apprendendo che per ben 27 anni, fino all’accordo del giugno scorso, macedoni e greci si sono odiati a causa del nome dell’ex Repubblica jugoslava. Atene denunciava rivendicazioni territoriali di Skopje, faceva notare che la sua cultura slava nulla aveva a che fare con quella ellenista, e intanto bloccava le sue domande di adesione alla Ue alla Nato. Poi, la scoperta della ragionevolezza: bastava cambiare parzialmente il nome, distinguere la Macedonia greca da quella «del nord» . E così si è giunti al referendum di domani.
Non senza una guerra diplomatica combattuta tra l’Occidente e la Russia. Nei mesi scorsi sono stati a Skopje la Cancelliera Merkel, il Segretario dell’Alleanza Atlantica Stoltenberg, la responsabile della politica estera dell’Unione Mogherini, e soprattutto il Segretario alla difesa americano Mattis che ha portato un messaggio politico molto forte e svariati milioni di dollari da distribuire tra aiuti per la sicurezza, assistenza economica e iniziative per contrastare la propaganda russa. Già, perché Mosca non è rimasta con le mani in mano. Decisa come sempre ad ostacolare l’ampliamento della Nato nei Balcani, la Russia ha investito anch’essa ingenti capitali a sostegno dei nazionalisti che rifiutano il nuovo nome, e ha «coperto» centinaia di siti internet tutti orientati a favore dell’astensione di massa e dunque della invalidità della consultazione (deve essere superato il 50 per cento) . E’ stata una guerra segreta, combattuta mentre ben altri problemi scuotevano il mondo e dunque ignorata dai più. Eppure questo referendum potrebbe segnare una svolta positiva nei Balcani mai davvero pacificati, mentre anche tra Serbia e Kosovo fa capolino l’ipotesi di un ragionevole scambio di territori.