24 aprile 2019 - 20:36

Migranti e clandestini: chi dà i numeri e chi non li ricorda

Più delle già non combacianti stime di Ocse, Istat, Ispi e Ismu sugli irregolari, ieri meritavano attenzione altri dati sorvolati dal ministro Salvini

di Luigi Ferrarella

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Dal 2015 – è il pallottoliere del ministro dell’Interno Matteo Salvini – sono sbarcati 478mila migranti, 268mila sono in Paesi Ue che li vogliono rimandare in Italia, altri 119mila sono nei circuiti di accoglienza, quindi il «numero massimo stimabile di irregolari in Italia dal 2015 è di circa 90mila persone, un numero molto più basso rispetto a quanto qualcuno va narrando in questi giorni». Qualcuno. Qualcuno? Si vede che era un sosia di Salvini quello che dall’opposizione, per tutta la campagna elettorale, ad ogni comizio additava «mezzo milione di clandestini in giro per l’Italia a campare di furti e di illegalità» (Genova, 8 febbraio 2018), e prometteva «l’impegno serio, concreto e sottoscritto di fare mezzo milione di espulsioni di clandestini» (Cagliari, 26 novembre 2017).

Talmente sosia che, a volte, raddoppiava: «5 milioni di poveri, 4 milioni di disoccupati, 1 milione di clandestini: non vedo l’ora di restituire sicurezza agli italiani» (27 dicembre 2017). In verità, più delle già non combacianti stime di Ocse, Istat, Ispi e Ismu sugli irregolari, ieri meritavano attenzione altri dati sorvolati dal ministro. Come i 257 morti o dispersi in mare lungo la rotta libica nei primi 4 mesi a fronte di 666 sbarcati in Italia, morti che nel 2014 (170.000 arrivi) erano stati 96; i 3.000 rinchiusi, per l’Onu, nei centri libici di detenzione; o i 272 morti, 1.200 feriti e 35.000 sfollati di quella che in tv Salvini ha negato essere guerra in Libia. Ma i suoi alleati 5stelle trovano solo da dolersi della profanazione del «contratto di governo» ad opera delle «parole del ministro che sorprendono, visto che fu proprio lui a scrivere nel contratto il numero di 500mila irregolari». In fondo, possono entrambi permetterselo. Perché il problema, più che di chi dà i numeri, è di chi non se li ricorda.

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