27 aprile 2019 - 22:28

Sono Africa, Russia e Cina
i nuovi crucci per l’Unione

Gli euroscettici ora sono più prudenti nel chiedere un’uscita parallela
ma i governi populisti in modi diversi sfidano l’ortodossia comunitaria

di Ian Bremmer

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Illustrazione di Beppe Giacobbe
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Oggi che tutta l’attenzione pubblica è concentrata sulle interminabili assurdità legislative e sull’autolesionismo della Brexit, è facile perdere di vista le problematiche di lungo termine con le quali l’Europa dovrà confrontarsi. Negli ultimi anni, l’Unione Europea, con grande resistenza e flessibilità, è riuscita a destreggiarsi attraverso mille difficoltà, superando l’emergenza del debito sovrano e la crisi dell’immigrazione senza dover sacrificare i suoi valori fondamentali, mentre l’umiliazione inflitta al Regno Unito a causa della Brexit ha certamente scoraggiato gli euroscettici di altri Paesi dal fare pressioni per invocare un’uscita parallela dall’Unione.

L’Unione Europea può vantare molti motivi d’orgoglio, questo è innegabile. La sua posizione come il più grande mercato comune su scala mondiale ne fa una superpotenza nel quadro istituzionale e normativo, in particolare per le informazioni digitali e le tecnologie della comunicazione. Sebbene siano pochi i giganti mondiali della tecnologia informatica basati in Europa, gran parte dei loro clienti sono però europei, e di conseguenza i burocrati dell’Unione competenti in materia vengono sollecitati a emanare normative che le grandi potenze tecnologiche, comprese quelle americane, non possono più ignorare.

Eppure, oggi si avvertono crescenti divisioni tra gli Stati membri per quel che riguarda valori e priorità. Quattro Paesi dell’Unione — Italia, Polonia, Ungheria e Austria — sono guidati da governi populisti che in modi diversi hanno lanciato una sfida all’ortodossia comunitaria su criticità interne, come la politica migratoria. I governi di Polonia e Ungheria hanno sollevato dubbi sulle posizioni dell’Unione sullo Stato di diritto, per quel che riguarda, ad esempio, la libertà di espressione e l’indipendenza della magistratura.

Detto questo, non dimentichiamo che le più grandi sfide mosse all’Europa oggi vengono dall’esterno. Innanzitutto, l’Alleanza atlantica ha toccato il punto più basso dalla fine della Seconda guerra mondiale, e non c’è garanzia che le cose miglioreranno neanche quando Donald Trump avrà abbandonato il palcoscenico mondiale. Forse non tutti ricordano quanto fosse profonda la spaccatura tra l’amministrazione di Lyndon Johnson e Charles de Gaulle sulla Nato, quanto aspra l’ostilità dell’opinione pubblica europea nei confronti di Ronald Reagan, e quanto polemiche le reazioni di Francia e Germania a George W. Bush sulla questione della guerra a Saddam Hussein. Tuttavia, l’arrivo sulla scena politica internazionale di due generazioni di americani ed europei troppo giovani per ricordare la Guerra fredda sta alimentando non pochi contrasti sull’opportunità di tutelare l’integrità dell’Alleanza. E questo ha un peso considerevole, specie perché da Mosca arrivano nuove minacce.

Fino a poco tempo fa, l’influenza russa in Europa si limitava in larga misura all’approvvigionamento delle forniture energetiche, laddove i governi dei Paesi maggiormente dipendenti si sforzavano di intrattenere rapporti amichevoli con Vladimir Putin, e quelli meno dipendenti potevano permettersi atteggiamenti più critici. Ma la Russia ha investito molto nel fomentare i vari movimenti euroscettici e Mosca è riuscita a insinuarsi in profondità nella vita politica interna dei Paesi europei.

Molti rappresentanti europei di alto livello hanno denunciato pubblicamente che la Russia tenterà in ogni modo di influenzare le elezioni di maggio per il Parlamento europeo, appoggiando i populisti che vogliono minare il consenso europeo sui valori politici, e non c’è molto che Bruxelles possa fare per difendersi. Nel frattempo, il ritiro di Stati Uniti e Russia dal trattato Inf sui missili nucleari a raggio intermedio non tarderà a rilanciare una corsa al riarmo che rappresenta una minaccia diretta alla sicurezza europea.

Ma la Russia non è l’unico grattacapo per l’Europa, né il più complesso. L’imminente «guerra fredda tecnologica» tra Stati Uniti e Cina costringerà molti Paesi europei a schierarsi con Washington per proteggere lo Stato di diritto e i diritti dei consumatori contro l’utilizzo dei dati da parte del governo cinese, che se ne serve per proteggere il suo modello politico autoritario. Peraltro i legami commerciali e gli investimenti cinesi in molti Paesi europei già sorpassano quelli americani e la forbice si allarga progressivamente. I Paesi membri dell’Unione che faranno sempre più affidamento sugli investimenti cinesi saranno riluttanti a rispettare il vasto impianto normativo nel settore tecnologico, creando un’altra importante spaccatura nella politica europea che sicuramente indebolirà l’influenza della Ue a livello globale.

Infine, il continente africano solleva problematiche di non poco conto. La migrazione si è rivelata la crisi più controversa dell’attuale generazione politica europea. L’emergenza migratoria del 2015-2016 ha fatto nascere nuovi partiti politici di stampo populista, rinvigorito quelli esistenti e spostato l’ago della bilancia del potere in quasi tutti i Paesi europei. Questa criticità è destinata ad aggravarsi, quando i giovani africani si metteranno in cammino in numero sempre crescente alla ricerca di una vita migliore, sotto la spinta dell’esplosione demografica nei loro Paesi di provenienza, dell’incapacità dei governi africani di dare risposta alle loro richieste e di altre cause che concorrono all’instabilità generale. Oltre un milione di africani ha fatto richiesta di asilo in Europa dal 2010 a oggi. E le ultime stime mostrano che sono tanti quelli che sperano di spostarsi altrove in Africa, ma oltre un quarto di essi ha gli occhi puntati sull’Europa. Non è difficile immaginare che molti di questi richiedenti asilo alimenteranno quelle spinte populiste anti-immigrazione — specie nei Paesi europei del Mediterraneo dove approda la maggior parte dei migranti — che andranno a minacciare l’autorità delle istituzioni europee. Soprattutto se gli altri Paesi membri si rifiuteranno di condividere l’onere della ripartizione dei migranti e della loro integrazione.

In breve, Russia, Cina e Africa rappresentano motivi di nuove divisioni e dissensi tra gli Stati europei negli anni a venire, proprio nel momento in cui il consenso europeo su questioni importanti si trova sottoposto a fortissime pressioni e sollecitazioni come mai prima d’ora.
(Traduzione di Rita Baldassarre)

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