Il ministro Bonisoli e l’arte della sopravvivenza

Nei rari momenti in cui non twitta cordoglio per la scomparsa di qualcuno (Inge Feltrinelli, gli archivisti di Arezzo, Vincino, Claudio Lolli, Rita Borsellino, Cesare De Michelis…) il ministro dei Beni culturali, Alberto Bonisoli, traccia le linee programmatiche per valorizzare il nostro patrimonio. Come segno di discontinuità, voleva togliere l’ingresso gratuito ai musei nella prima domenica del mese, poi ci ha ripensato.

Dice che le giornate gratuite diventeranno venti, più un’intera settimana gratis. Vorrebbe abolire l’insegnamento della storia dell’arte al liceo, ma questa era solo una battuta infelice (un ministero a propulsione comica). Vorrebbe, questo sì, che i prossimi direttori di museo «sappiano parlare bene l’italiano», come se gli attuali direttori di Brera, degli Uffizi, dell’Accademia di Firenze, del Palazzo ducale di Mantova (tutti stranieri, grandi professionisti e ottimi conoscitori dell’italiano) non avessero fatto un lavoro straordinario. E dire che il ministro ha alle spalle una carriera da dirigente di accademie di Belle Arti private, redditizie, soprattutto per gli investitori internazionali.

Business e marketing in privato, autarchia in pubblico, come insegna la Scuola Casaleggio, dove anche l’arte è di parte. Niente paura: per il ministro Bonisoli, l’arte è solo arte di sopravvivenza. In attesa di altre condoglianze.

23 settembre 2018, 07:03 - modifica il 10 giugno 2019 | 20:00

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